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Il Sassicaia e la tenuta San Guido tra leggenda e storia

La strada che porta a Bolgheri è lunga, ed è meravigliosa. A volte sembra di stare dentro una foto: colline che si susseguono allo sguardo, morbide, arrotondate da una lenta geologia e dalle intemperie del tempo. Argille grigiastre fanno da sfondo a quel che resta di campi di grano, paglia gialla distesa come su un letto di pieghe, a tratti qualche campo verde, pascoli e boschi e arbusti lontani. Casolari sparsi ed isolati nella campagna guardano le torri di antichi comuni: severi ed imponenti dominano ancora dall’alto le campagne. La strada sale e scende con curve ideate solo da Dio. In lontananza rare macchine che viaggiano tra immense dune e sembrano piccoli puntini; quasi insetti, degli intrusi, corrono lente sulle strade e a volte spariscono alla vista.
Scendiamo verso la maremma pisana, verso il mare; giriamo a destra sulla strada per Bolgheri. Il viale diritto e largo che porta alla cittadina medievale quasi sparisce tra gli alti cipressi. Ecco che mi tornano alla mente le parole e le poesie del Carducci che hanno reso celebri questi viali, i cipressi, che gli erano così cari. Ma ancora il Sassicaia non era nato.
Il Marchese Incisa della Rocchetta Racconta la storia della sua famiglia, il legame con il vino e alla tradizione della terra, anche se è un uomo un po schivo, poco loquace e restio a parlare di se.
Negli anni ’80 del 900 il Sassicaia ha iniziato la sua ascesa a mito, oggi vino indiscutibilmente riconosciuto ed apprezzato non solo in Italia, ma anche all’estero: vino ambito in tutto il mondo.
La leggenda si snoda tra l’uva Pisciarina e il famosissimo cavallo Ribot e il Marchese Mario, che insieme a sua moglie, Clarice hanno dato vita alla razza Dormello Olgiata, è lui che si innamora del taglio bordolese.
Ma prima del mito c’è la storia, e il lavoro paziente di Mario, il padre di Nicolò, che voleva ottenere nella sua tenuta un vino ispirato al Bordeax. Insomma, una ricerca che andava al di là della tradizione vinicola della zona. Le famiglie nobili, da sempre sono state grandi proprietarie terriere e anche la Famiglia Incisa della Rocchetta, di origine piemontese, mantenne questa tradizione: nelle sue terre le uve storiche del territorio, fino ad una completa rivoluzione negli anni ’40, vigne piantate dopo la seconda guerra mondiale, con una netta prevalenza di Cabernet Sauvignon, ma anche Cabernet Franc, che hanno dato origine ad una viticultura del tutto sconosciuta nella zona, e ad un vino dal gusto decisamente diverso. Si fa strada piano piano il Sassicaia, vino creato per un consumo familiare, in una vigna dal terreno decisamente sassoso.
Il vino segue da sempre la filosofia della famiglia, la prima annata prodotta risale al ’48, ma è solo dal ’68 che troviamo il vino in commercio.
Da allora l’uvaggio è sempre lo stesso: 85% Cabernet Sauvignon e 15% Cabernet Franc. Solo alcune aggiustature nel cambio delle percentuali, ma minime, in base agli andamenti stagionali particolari. Nel 1994 è stato il primo vino ad ottenere una DOC tutta sua: Bolgheri Sassicaia, l’unica in Italia ad essere inclusa per intero in una sola proprietà.
Il microclima dei 75 ha di vigneto è particolare, quasi un osai, che cura il vino già dalla vigna, senza starvolgimenti in cantina.
Ma la barricaia è il luogo per eccellenza del Sassicaia. Una cura quasi maniacale, quasi un museo, un tempio: il tempio del Sassicaia. Una struttura moderna di mattoni e vetro, e una temperatura costante per questo vino così importante, “un vino divenuto mito, nel momento in cui in Italia si aveva bisogno di miti”. Ma il tempo gli ha dato ragione.
Un vino dalla vigna alla bottiglia come ce lo preservano natura e la tradizione familiare. È questa la filosofia della famiglia Incisa della Rocchetta verso il Sassicaia, in particolare, ma anche per gli altri vini prodotti nella Tenuta San Guido.

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