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Polvere: il misticismo sanguigno di Vinicio Capossela

Vinicio Capossela ha incantato il pubblico umbro con il suo concerto spettacolo: Polvere

PERUGIA (Giardini del Frontone) – In una tappa del tutto inaspettata, ma fortemente voluta, Vinicio Capossela ha incantato il pubblico umbro con il suo concerto spettacolo: Polvere. Vinicio Capossela riesce sempre a creare spettacoli sotto forma di concerti, cattura l’attenzione del pubblico con quelli che possono sembrare virtuosismi musicali, ma sono profonde metafore dell’anima umana: puoi amarlo oppure no. Non importa, lui riesce a catturare i tuoi sentimenti, e posare un accento di riflessione tra le immagini suscitate dalle parole e dal contesto artistico. Sembra quasi di guardare un quadro di Caravaggio: sangue e passione; una realtĆ  a volte negata, ricercata, evocata, inaspettata. Vinicio, ĆØ un uomo che trae forza dall’universo magico religioso che fa parte delle tradizioni popolari; che sono in grado di creare e consolidare un legame tra la gente e la terra, con il territorio. Come il vino. Non ĆØ solo un fatto di tradizioni e stereotipi che possono ricordarci l’infanzia o portarci a sospirare di noia o di rimpianto. Il legame ĆØ forte, con la sua terra, con le tradizioni, con la magia che da epoche ancestrali ha fatto parte integrante della vita quotidiana dei popoli. Ma Vinicio Capossela riesce a dare il senso del mistero della magia che la taranta evoca, o i Machari annunciano. Lo spettacolo, all’apparenza ricorda le feste paesane e la malinconia del tempo perduto, quando i riti facevano parte della vita quotidiana, e magia era tagliare con il falcetto il gambo della spiga, e le maschere di animali personificavano la forza e il futuro, ĆØ cosƬ che si dava un senso di ordine e stabilitĆ  alla vita quotidiana. Il mistero faceva parte di tutta la vita e le tradizioni tendevano a dare rilevanza e rispetto al mistero della vita. CosƬ fa Vinicio Capossela, con questo concerto, in un repertorio di immagini evocative, di suoni e testi che sono legati all’animo umano con un nodo talmente forte, che riesce ad attirare in modo particolare i giovani. e questo deve portarci ad una riflessione: forse le nostre nuove generazioni hanno bisogno di altro. La sostanza della “Polvere” di Vinicio ĆØ fatta di timbri forti, marcati e netti, capaci di unire in forma di quadri, i blocchi di cui ĆØ costituita la materia emotiva del concerto. ƈ stata unā€™espressa volontĆ  di Capossela fare tappa anche nella nostra regione per omaggiare ancora una volta Sergio, suo amico fraterno e per incantare il pubblico umbro di uno spettacolo emotivamente forte e partecipato, in cui aleggia serena l’anima di Sergio; non solo richiamato all’attenzione del pubblico, ma evocato dalle ultime note dei suoi pezzi, con i quali ha salutato tutti. Ma solo per poco, perchĆ© presto ci rivedremo. Quello di Capossela era stato annunciato come un grande evento, reso possibile grazie alle sinergie di tre soggetti locali che hanno creato una collaborazione ad hoc per l’evento: Fondazione SergioPerLaMusica, The Brainstorm Agency e Arci Perugia. Ma ĆØ stato lo stesso Capossela, e tutta la sua orchestra a fare grande la serata. Proprio come un quadro: dove ogni piccolo impercettibile e inosservabile particolare, lo rendono unico. Attraverso “Polvere”, Vinicio Capossela riesce a far affiorare le nostre radici nel mondo contemporaneo. Il mondo che oggi ĆØ fatto di quelle che sembrano frontiere spalancate per la musica, ma, come afferma l’autore, tragicamente chiuse per gli uomini. Il concerto ĆØ riuscito ad evocare tutto un mondo che non ĆØ ancora perduto perchĆ© continua ad essere ricordato e rimpianto: la cultura della terra; un inno alle nostre radici, il senso alla festa come momento di aggregazione e di limpida serenitĆ ; il sudore, la fatica, il sole nel pomeriggio; la tavola apparecchiata, i piatti; l’aria in cui ballare nello sposalizio; i paesi vuoti, i binari abbandonati. La polvere che si posa solo dove non c’ĆØ piĆ¹ movimento. E infatti, mancano le persone. Quelle, il tempo le ha cambiate. Ma Capossela riesce ad evocare tutta questa umanitĆ  che riconosciamo per senso di appartenenza, tra un campo di grano e di stoppie e avanzi; tra i rottami di cultura della terra. ƈ qui che affiorano i demoni, unici superstiti. Il buio era denso e ancora piĆ¹ vero dall’atmosfera piovosa di fine estate. Un concerto radicale: nel senso di radici che affondano nella terra e nei secoli, e di cambiamenti, che Vinicio dissolve in polvere, affinchĆ© possano spandersi. Ma quella polvere entra negli occhi, come polvere di stelle, polvere di magia ancestrale, quella nata con l’umanitĆ . Una polvere che ci fa scorgere l’invisibile, e ci perette di vedere piĆ¹ lontano, ci lascia in bilico tra passato e presente. “In questo repertorio si presentano come accappanti da sposalizio, i non invitati piĆ¹ inombranti, i vecchi martiri del Ricreo: il tellurico Santo Vito, il Camminante, il Re della cantina, la Pena dellā€™anima, il MaragiĆ , il Veglione di Ciccillo ristorante, lā€™Uomo Vivo, il Camposanto in Marcia. Specie di carte di tarocchi che dal passato indagano il futuro, e lo scoprono pieno di vecchi guai. Pezzi che realizzano la distruzione rituale di quanto abbiamo accumulato, come prezzo della nostra liberazione. Quello che Vinicio Capossela ha lasciato con questo concerto, ĆØ una linfa nuova, vitale, un colpo all’anima, un risveglio, il ricordo; ma anche la volontĆ  di difendere chi siamo veramente, le nostre ispirazioni, che ci portano ad essere unici e inafferrabili. Difendere un paesaggio umano, agrario e geografico, atrocemente violentato in nome del nulla. Incapaci a non comprendere piĆ¹ che il vuoto in noi ĆØ una risorsa alla quali ci si deve abbandonare con passione e riempirla con l’urlo della vita per riscoprire se stessi, i sentimenti, la vita: farci riempire dalla luna, dalle lucciole che ancora esistono; farci chiamare dal grido dell’esistenza, riempirlo d’esperienza, di disordine apparente, di ricerca spirituale, di legami; di vino che sa ancora essere la radice della vite. Legami (che si chiamano emozioni e sentimenti) che ci ricordano il nostro senso d’appartenenza alla vita, all’esistenza, alle nostre radici che come vite crescono per darci la sinceritĆ  del vino.

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