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La quarta rivoluzione industriale alla conquista del vino!

Il tema tanto dibattuto in questi giorni, è il vino, anzi l'agricoltura italiana, in cui chi lavora la terra si ritrova troppo spesso ad abbandonarla per dedicarsi alla burocrazia.

Non servono supereroi, gli uomini veri scelgono: la terra, la vigna, il vino; serve solo cooperazione

In questi giorni le critiche si sprecano su più fronti. Dalle aspre prese di posizione, a toni più leggeri: il fronte è quello del vino. Anzi, no, quello dell’agricoltura italiana, in cui chi lavora la terra si ritrova troppo spesso ad abbandonarla per dedicarsi alla burocrazia. Ma chi lavora la terra è sempre molto concreto e poco virtuale, forse anche poco social.

Il contenzioso delle polemiche sta in una nuova legge proposta dal ministero delle politiche agricole e forestali. Insomma, un’ennesima legge che vuole una maggiore burocrazia, che riguarda i registri vinicoli. Ma la terra è concreta e non virtuale.

Il vino non si può dematerializzare, leggi e burocrazia sono giuste, ma la terra non può essere vincolata ad un formalismo esasperante, perché il vino, soprattutto quello buono, si fa in altro modo. E l’esasperazione porta ad uccidere i piccoli produttori, attraverso uno stillicidio di procedure, obblighi, corsi, patentini, registri.

Le leggi spesso vanno ad intaccare proprio chi lavora con le mani e se le sporca tutti i giorni.

Il vino è fatto di persone, di passioni, di lavoro duro sotto il sole dell’estate e col freddo dell’inverno, quando vai a potare e le forbici ti si attaccano alle mani per il freddo; quando gela e le gemme appena spuntate sono tra le ascelle dei rametti; quando vendemmi e magari piove e la vigna è allagata; quando devi fronteggiare qualche malattia della vite o un parassita.

È naturale, che molti vignaioli non ci stanno!
Da un gruppo iniziale di 200 vignaioli, si sono superati i 600, coinvolgendo anche produttori di olio e non solo. Un gruppo nutrito che non ce la fa ad accettare i registri dematerializzati, che sembrano alimentare un’economia virtuale; come viene affermato in una lettera inviata al Ministro dell’Agricoltura On. Maurizio Martina.
Sembra invece che serva in modo necessario un’inversione di tendenza. Molti, soprattutto i piccoli, si sentono strozzati ed esasperati. La loro lettera, non vuole mettersi contro le norme e le regole, ma trovare un punto di dialogo e di confronto possibile, che veda il congiungersi della natura, con le regole necessarie a difendere il nostro Made in Italy, originario. E quella che può sembrare una rivoluzione delle norme, non deve essere vista come un moto carbonaro.

Vignaioli, agricoltori di ogni Regione, innamorati della terra  del cielo, delle piante e del proprio lavoro, vogliono solamente continuare a svolgerlo, come da secoli viene fatto. Non servono belle parole, o immagini patinate, espressioni studiate. Le mani, i volti dicono tutto, completato poi, dai frutti che si raccolgono. I piccoli produttori sono il 90% di un’economia e di un lavoro attento fatto da micro imprese. Sono loro a chiedere una maggiore attenzione alle loro esigenze. Sono loro che abitano e conservano i piccoli borghi, quelli che con il loro lavoro nemmeno fanno pensare al degrado o ai dissesti idrogeologici.

La lettera continua mettendo in evidenza un punto importante che mi ha fatto riflettere: non negano la burocrazia, ma hanno bisogno di un “rallentamento verso questo estremismo, dove  ogni azione concreta, sembrano essere richieste decine di pezzi di carta e gigabyte che in tanti non hanno la  possibilità di seguire, di compilare e di pagare”. Insomma non vogliono entrare a far parte di un’economia virtuale e finta.

È vero che la lettera è molto dura e categorica. Ma sembra proprio essere dettata da un sentimento di esasperazione e di difficoltà oggettiva che ha portato a prendere una posizione a chi mette uno stile di vita al primo posto. E quello stile di vita non è fatto solo della bottiglia da scegliere sullo scaffale dell’enoteca. Insomma, i rapporti umani andrebbero sempre messi avanti a tutto, anche all’economia globale, o virtuale, o asettica. Dopo tutto lo sappiamo benissimo: il vino è passionalità, è carattere, è terra e cielo, altrimenti ci sarebbe solo omologazione; e i vignaioli, gli agricoltori, sono custodi della terra, del territorio, delle piante, di tutto quell’insieme fatto (per dirla alla francese) di terroire, del quale ci riappropriamo.

Insomma, non servono super eroi, ma servono solo uomini, che difendano e sappiano tutelare i nostri prodotti della terra, il Made in Italy vero, originario, quello di cui noi tutti siamo fortemente gelosi, tutore del paesaggio e el life style. Dopo tutto è solo questo quello che si vorrebbe.

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