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Il capitano Maria

Si tratta dell'ultima fiction importante della RAI di questa stagione 2017-18, che ha visto dominare i due nuovi episodi de "Il Commissario Montalbano".

Siamo stati stamane alla ‘Sala di proiezione A’ della RAI all’anteprima stampa della nuova fiction di RaiUno, “Il Capitano Maria”, con Vanessa Incontrada, Andrea Bosca, Camilla Diana, Francesco Colella, Carmine Buschini, Beatrice Grannò, Martino Lauretta, Adriano Chiaramida, Sergio Pierattini e con la partecipazione di Giorgio Pasotti, per la regia di Andrea Porporati. Al termine della proiezione, si è tenuto l’incontro con il cast.

La serie “Il Capitano Maria” è stata girata a Bari ed in alcune altre località pugliesi, tra le quali Trani, Gravina e Castellana Grotte, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017.

Maria Guerra è un capitano dei Carabinieri. Ha la responsabilità della guida di un gruppo di uomini, ma è anche una madre, sola, che ha perso il marito in circostanze drammatiche ed è costretta a crescere due figli da sola. Riccardo ha 9 anni, la sorella maggiore, Luce, quasi 18, un’età nella quale le tensioni con la madre si acuiscono, risultando anche piuttosto eccessive nella fiction. A causa di queste tensioni, Maria decide di lasciare la grande città e di trasferirsi in provincia; di tornare – quindi – indietro, da dove era partita dieci anni prima, per cercare di andare avanti. Vanessa Incontrada dà vita ad un personaggio complesso, un capitano dei Carabinieri sui generis: sensibile ed energico, paziente ed empatico, ma anche disperato, sempre sull’orlo di un possibile cedimento, eppure ferma e determinata.

Bello ascoltare, all’inizio dei titoli di testa, “L’isola che non c’è”, di Edoardo Bennato. Più avanti, se ne comprende il profondo significato. Poi, tutto è portato un po’ troppo all’eccesso, come in certe fiction ‘poliziottesche-fantasy’ del tipo di quelle pomeridiane su RaiDue, come “Castle”, per fare un vago esempio. Nella prima mezz’ora della prima puntata, alla protagonista, per l’appunto il Capitano Maria Guerra (perché è un capitano dei Carabinieri, il cognome poteva essere solo Guerra?), accadono tante di quelle cose che al confronto è più facile fare “Sei” al Superenalotto. Arriva presso il nuovo Comando. Neanche il tempo di presentarsi e prendere servizio, e già decide di andare in un semplice giro di perlustrazione mattutino del territorio, con alcuni suoi sottoposti, e appare chiaramente senza giubbotto antiproiettile, com’è ovvio che sia in un semplice giro del genere. Ma dopo pochi istanti vede un bambino maghrebino da solo, che alla vista dei Carabinieri scappa. Maria Guerra lo insegue, ma il bambino si getta in mare e finisce sotto le acque. Lei si immerge sott’acqua e lo salva. Portato a terra, gli trovano tanto esplosivo addosso. Doveva farsi esplodere. Maria Guerra intuisce che ci sia qualche adulto, ovviamente terrorista, che entro il raggio di circa un chilometro e mezzo ha tutti i mezzi per decidere quando far esplodere il bambino, mietendo più vittime possibile. Il personaggio interpretato (peraltro, bene) dalla Incontrada, capisce subito che l’uomo deve trovarsi in un hotel vicinissimo e sale sul terrazzo superiore, dove trova tutto il necessario per comandare l’esplosione a distanza, ma viene sorpresa alle spalle dal terrorista che le spara, ma qui – incredibilmente – Maria Guerra viene salvata dal giubbotto antiproiettile che prima non aveva, e che è inverosimile avere per un semplice giro di perlustrazione, e fa un volo dal terrazzo dell’hotel, finendo al terrazzo sottostante senza neanche un graffio! Risolto questo problema, è la volta di un’altra bomba, nella scuola in cui si trovano i suoi due figli. Certo, come coincidenze e come inizio del suo servizio, non c’è male. Tutto è così portato all’eccesso da apparire macchiettistico. Inoltre, i toni sono costantemente angoscianti, nel modo di parlare dei protagonisti, nelle musiche originali.

Ma c’è molto di più. Un boss della Mafia. Il misterioso connubio con il terrorismo. Ed altro ancora.

Alcune parole del regista, Andrea Porporati: <<“Il capitano Maria” è la storia di una donna. Non una super eroina, ma una persona, una madre ed un ufficiale dei Carabinieri, chiamata a svolgere un arduo, duplice compito, pubblico e privato: salvare i suoi due figli, Luce, un’adolescente complicata e Riccardo, un bambino sensibile che ha bisogno di lei e allo stesso tempo proteggere la città che le è stata affidata, un bellissimo e travagliato porto del sud. L’interprete ideale mi è apparsa da subito Vanessa Incontrada, con cui avevo lavorato in “La classe degli asini” un film tv su un’altra donna normale alle prese con un compito speciale. Vanessa è un’attrice dotata di grandissima empatia, di naturalezza estrema, capace di inserirsi e divenire il fulcro di un cast complesso, come questo, composto di attori professionisti e non, di bambini e adulti delle più varie estrazioni professionali. È stata l’anima di questa storia, ha dato grazia e profondità al ruolo, ritagliandosi un personaggio che, per risolvere gli enigmi che si trova a fronteggiare, usa, oltre ai metodi tecnici e investigativi più moderni, un’arma speciale: il senso di umanità, la capacità di comprendere la complessità dei sentimenti che deve indagare. Vuole portare alla luce la verità, punire i colpevoli, ma soprattutto cambiare le cose e guarire le ferite provocate dal male che è stato fatto. Maria si trova ad affrontare una realtà criminale cui è antitetica, in quanto ufficiale dei Carabinieri, ma ancora di più in quanto donna. Il potere mafioso che domina la sua città è un mondo fatto da uomini, profondamente maschile, nel senso più negativo. Un potere vecchio e in crisi, ma proprio per questo ancora più pericoloso, che si è alleato con una multinazionale che gestisce i traffici del porto con spietata disumanità. Un potere incarnato dall’anziano boss Patriarca, e dai suoi figli, ma anche un manager dalla misteriosa provenienza che usa la città di Maria come terminale di una rete di traffici internazionali che non tollera intromissioni.>>

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