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“Nevica a Lussemburgo” è il primo libro di Katia Merli

Dedicato a suo figlio Manuel; edito da Bertoni edizioni, nella collana I Quaderni.

GUBBIO (PG) – La raccolta di poesie esprime in modo inequivocabile il cammino metaforico dell’anima umana da una condizione di buio, di confusione, di malessere che racchiude tutta la società, come una malattia della società stessa; qualcuno intravede la luce, ecco allora il poeta che piano piano trova un cammino, un percorso verso la luce definitiva, che non è una meta conclusiva, ma è uno spazio dell’anima raggiunto, atteso, sperato, attraverso il quale trovare serenità e slancio nella vita. Come dire che nulla è perso, gettato via, ma tutto posta alla ricerca-scoperta del se.
Ecco, quindi, l’approdo a Lussemburgo, la città della luce. Nevica, e la neve rifrange la luce in una nuova luminosità.
L’evoluzione che avviene in noi è resa possibile dalla nostra percezione della realtà, dei sentimenti e del valore che diamo a tutto questo. Tutto sembra immobile sotto la neve, ma non lo è. Eppure sembra nevicare solo in noi; come una condizione inequivocabile che porta a riflettere su se stessi, ad osservarsi e dare valore alle piccole cose intrise di ricordo. Nevica sui pensieri e il poeta non riesce a comprenderli, a dargli voce. Restano sopiti, silenziosi pieni di vita; mentre la malinconia fa sentire la loro presenza, ancora lontana, inesatta, eterea.
Poi, ecco che ci non si è più fissi nelle proprie contraddizioni, nelle proprie constatazioni inviolabili e tutto inizia ad essere pervaso dal se: ricordi, malinconia, desideri. È ancora inverno là fuori, nella città, a Lussemburgo, è inverno nel cuore.
Ecco allora che la notte nel cuore diviene compagna, e piano piano amica con la quale raggiungere l’alba; li dietro è sospesa la vita, oltre al tutto: affetti granitici come rocce, punti di riferimento, amori lontani.
Ma il risveglio è agognato, cercato, voluto. C’è bisogno di avere coraggio di vivere la notte per trovare la luce e la serenità, fino a cogliere in tutto una bellezza istintiva. Abbiamo semplicemente fame d’Amore, ma siamo incapaci spesso di comprenderlo. Per questo tutto ci sembra illusione, perché il poeta guarda oltre le apparenze di questa società dell’apparenza che divora così facilmente tutto in una velocità incredibile che ci stupisce. Non dovremmo esserne stupiti, dato che è facile divorare la superficie.
Ma la neve copre di un manto candido il paesaggio e i sentimenti e le emozioni, tanto che per scoprirle bisogna finalmente essere capaci di andare a fondo. Sperimentarle. Accoglierle. Anche se a volte è una lotta con la nostra stessa natura: ne siamo complici, nemici, vittime. I veli sono opachi nel ricordo, ma l’approdo è certo.

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