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La filiera agroalimentare italiana: l’impatto della crisi e le prospettive future

Ne hanno parlato giovedì 2 aprile, in diretta streaming sulla pagina Facebook del Rotary Club Milano Porta Venezia, Ettore Prandini (Coldiretti), Luigi Scordamaglia (Filiera Italia) e Fabrizio Capaccioli (ASACERT, Rotary Club Milano Porta Venezia), con la moderazione di Monica Giandotti (RAI).

© Pixabay

L’emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese ha messo a dura prova il settore agroalimentare italiano, chiamato a conciliare due esigenze potenzialmente contrastanti: da un lato, assicurare l’approvvigionamento di beni alimentari e, dall’altro, tutelare la salute dei propri lavoratori. Un compito non da poco se si tiene conto del fatto che il settore impiega ben 3,6 milioni di lavoratori e che il 75% della produzione è concentrato proprio nelle regioni più colpite dal coronavirus.

Eppure, nonostante le difficoltà, il sistema ha tenuto. Nell’assicurare la continuità della produzione, tutte le imprese si sono adoperate per introdurre modifiche ai processi produttivi, in modo da garantire ai lavoratori la maggior tutela possibile. Oltre agli indispensabili dispositivi di prevenzione, sono stati rivisti turni e orari di lavoro, al fine di rispettare le distanze di sicurezza. Non va poi dimenticato che molte aziende hanno riconvertito parte della produzione per far fronte alle necessità contingenti. Si pensi ad esempio ad alcuni grandi produttori di vino, che hanno iniziato a produrre alcool destinato alla formulazione di prodotti disinfettanti.

Si può senza dubbio parlare di resilienza ma la risposta positiva del settore non deve portarci ad abbassare la guardia, ammoniscono sia Scordamaglia sia Capaccioli. La filiera agroalimentare si compone per lo più di piccole e medie imprese, le quali non dispongono della forza necessaria per sopportare un prolungamento della crisi. Occorrono perciò misure immediate e concrete di sostegno da parte dello Stato, che tengano conto dell’eccezionalità della situazione.

Secondo Scordamaglia, gli interventi fin qui previsti dal Governo sono in linea di principio corretti ma vanno implementati immediatamente e con la più ampia flessibilità possibile. La cassa integrazione ordinaria in deroga deve essere adeguatamente finanziata; la liquidità alle imprese deve essere immediata e garantita per il 90-95% dallo Stato; i piani di rientro devono essere a lungo termine e a tasso zero. Tanto Scordamaglia quanto Capaccioli concordano sulla necessità di una immediata e drastica semplificazione delle procedure poiché la burocrazia rischia di essere un ulteriore ostacolo alla ripresa dell’economia. Dello stesso avviso Prandini, secondo il quale un’emergenza eccezionale come quella odierna necessita di misure altrettanto eccezionali.

Quali prospettive per il futuro del settore agroalimentare? I relatori concordano nel ritenere che la crisi abbia accertato definitivamente la centralità strategica di tale settore per l’economia italiana. Un settore capace di assicurare un approvvigionamento costante anche quando lo smarrimento iniziale portava gli altri Paesi a chiudere le frontiere con l’Italia e a bloccare i rifornimenti dall’estero. Un settore che garantisce standard di qualità elevatissimi, anche in termini di sicurezza e tracciabilità del prodotto, e che in tempo di crisi è riuscito ad impedire qualsiasi speculazione sul prezzo dei generi di prima necessità.

Di qui la necessità, in futuro, di rafforzare, integrare e valorizzare la filiera agroalimentare italiana. Uno degli imperativi deve essere quello di ridurre la dipendenza dall’estero, rilanciando il made in Italy anche sul mercato interno.

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