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Mille sfumature di balsamico

Si fa presto a dire aceto balsamico, una, anzi tre, delle eccellenze italiane fondamento della nostra cultura!

Aceto di Modena e di Reggio Emilia-in
Aceto di Modena e di Reggio Emilia – Foto presa da Wikipedia

Il mondo dell’aceto balsamico è affascinante, quanto la sua metodologia di produzione e ricchezza di sfumature. Spesso però tra DOP e IGP si crea un po’ di confusione e i prodotti non vengono distinti dai consumatori. Ci tengo a precisare che la qualità è indubbia e si tratta di eccellenze prodotte in ambiti ristretti e determinati dalla storia, ma le differenze ci sono e, si sentono! Le caratteristiche peculiari riflettono la lunga tradizione di un sapere unico e ancora oggi artigianale, legato a queste terre e al loro clima.
Le sole tre denominazioni registrate previste per il Balsamico, sono l’Aceto Balsamico di Modena IGP, prodotto con aceto di vino e mosto concentrato o cotto; l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP, prodotto solo ed esclusivamente con mosto cotto. Essenziale è poi il passaggio nelle botticelle, che sono di piccole dimensioni per le DOP e barrique per l’IGP. Questi prodotti hanno indubbiamente caratteristiche diverse che da sempre convivono e condividono l’origine da queste terre emiliane e prodotti solo in queste province.
La storia è antichissima e va rintracciata nella culla della nostra cultura, nel carattere degli abitanti che hanno tramandato e valorizzato questi prodotti.
In epoca romana nelle provincie di Modena e Reggio Emilia, c’era un’abbondante produzione di uva e si usava cuocere i mosti e farli poi fermentare, per ottenere aceto; era un alimento di grande importanza strategica, sia militare che economica. Ne parla Cicerone, Plinio, Virgilio, Columella, che nel I secolo dC, resta affascinato dalla singolare produzione dei mosti in queste zone.
Molto probabilmente la scoperta è avvenuta più per caso che per volontà, e che con il tempo si sia raffinata la tecnica di produzione e di conservazione. Insomma: di necessità virtù.
Il primo documento risale al 1076, parla di un aceto di qualità e valore sorprendenti del marchese di Canossa, particolarmente apprezzato dal futuro Imperatore Enrico III.
Durante il dominio Estense del Ducato di Modena e Reggio, i Duchi erano orgogliosi di far regalo del loro prezioso aceto ai rappresentanti delle case reali europee. Aceto considerato di grande prestigio, degno di Re e Principi, tanto che non a caso nel 1792 un’ampolla di “Balsamico” fu il dono del Duca Ercole III a Francesco I d’Austria in occasione della sua incoronazione ad Imperatore.
Documenti storici testimoniano come questo Aceto Balsamico fosse considerato parte effettiva del patrimonio famigliare e addirittura citato nei lasciti testamentari, conservato gelosamente nei sottotetti delle case e curato amorevolmente di generazione in generazione; considerato dote prestigiosa per le giovani spose e una sorta di Panacea medicamentosa in grado di curare tutti i mali: corroborante, medicinale e addirittura afrodisiaco.
La prima vera culla produttiva dell’aceto balsamico sono le acetaie della corte Estense a Modena attive fin dal 1289. Ancora ai primi del 1500, in occasione della nascita del primo figlio, Lucrezia Borgia, moglie di Alfonso I d’Este, Duca di Modena, aveva sperimentato l’uso di questo aceto come toccasana nel momento del parto.
Probabilmente fu proprio per queste sue decantate virtù, e per il suo profumo intenso caratteristico, che gli venne attribuito il nome “Balsamico” accanto ad aceto, citato per la prima volta nell’Inventario delle Cantine Ducali del 1747.
Nel 1839 il conte Giorgio Gallesio fu il primo anche a descrivere i due processi produttivi in atto a Modena, da cui derivano due prodotti differenti: quello da solo mosto cotto (oggi Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP), e quello da mosto e aceto di vino (oggi Aceto Balsamico di Modena IGP).
È in questo secolo che l’Aceto Balsamico di Modena, diventando protagonista delle più importanti esposizioni di Genova, Firenze e Bruxelles, suscita entusiasmi anche a livello internazionale e consolida il suo valore e sapore. In questo secolo prendono campo le dinastie dei produttori, alcuni dei quali ancor oggi presenti tra gli associati del Consorzio.
Con il secondo dopoguerra l’Aceto Balsamico ha rischiato di perdere l’antica tradizione, ma fortunatamente nel 1967 viene fondata a Spilamberto la Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena che attraverso un grande lavoro di formazione e promozione ha ridato valore ad un sapere antico, tra i più importanti fondatori del Consorzio Tutela ABTM (Aceto Balsamico Tradizionale di Modena) insieme alla Camera di Commercio di Modena e alla Provincia di Modena.
Il Balsamico fa da ponte fra le generazioni della famiglia ed è considerato a tutti gli effetti come se ne fosse un componente.
Fin qui la storia ci parla di un prodotto legato in modo inscindibile alla storia, che ne ha fatto il nome e lo ha elevato ad alto rango grazie alle intuizioni dei produttori, alle tecniche e alla sapienza contadina, che sa fare e aspettare.
Ma la storia recente ci parla di due tipologie, che si differenziano per la metodologia di produzione, per cui è qui che dobbiamo andare ad indagare.

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