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Lontano: l’Ep d’esordio di Emanuele Bozzini

Rinuncia, solitudine e passione: il diario emotivo del musicista torinese tra canzone d'autore e indie-folk, un emozionante debutto da solista prodott...

Lontano - Copertina“La lontananza è una dimensione molto articolata. Sono stato lontano da me stesso, dalle emozioni, dagli affetti, ma anche dal confronto e dagli altri. Mi sentivo lontano dalla vita. La vita la spremevo solo “nelle notti di luna nuova”, quando nessuno sguardo era pronto ad assalire la mia azione. Al buio… lontano appunto. Il gioco vuole che io possa pubblicare Lontano solo perché sto riuscendo finalmente a “riavvicinarmi”. Ed è da Lontano che io mi sono portato dietro il diario emotivo del mio Eremita. Ho sempre vissuto alti e bassi emotivi, in cui i bassi si manifestavano attraverso stati depressivi piuttosto violenti e duraturi. È il mio lato più fragile che in quei periodi lottava per sentirsi vivo a scrivere queste canzoni. È per pura coincidenza che questo lavoro venga fuori in un momento in cui, fisicamente, lontano siamo costretti ad esserlo tutti quanti”. Musica che sgorga da un lato oscuro, una dark side che rivela una nuova dimensione artistica: Lontano, l’Ep di debutto da solista di Emanuele Bozzini, è un diario di viaggio, una raccolta di canzoni che, come una terapia, sono il frutto di un percorso di discesa negli abissi e risalita a suon di musica.
Dopo l’uscita dei singoli Sparirò, Il Salto e L’Eremita, quest’ultimo accompagnato da un videoclip girato nel villaggio di pietra di Ghesc e lanciato in anteprima dalla Stampa, finalmente Emanuele Bozzini arriva al suo Ep. Per il cantautore torinese è un’uscita importante, anche per motivi prettamente musicali, non solo interiori. Con Lontano si rivela infatti il suo cammino da musicista solista, di stacco dall’esperienza di gruppo coi Marichka Connection: “Mi sono allontanato dal folk puro e duro. Il violino non è più il protagonista incontrastato della musica, anzi compare solo in una canzone, in riga, insieme ad un quartetto d’archi. C’è una carica rock più grande e la volontà di spaziare in maniera più libera attraverso nuovi tipi di suoni e diversi tipi di arrangiamento. Anche a livello di voce ho avuto un cambiamento. Emotivamente si tratta di canzoni molto più intime e dolorose. Se coi Marichka, pur con dei testi che rimettevano in questione molte cose, volevo tenere alta la carica positiva dei miei componimenti, qui mi abbandono alla realtà dolorosa e cruda dell’essere”.
L’Eremita, Lontano, Sparirò e Il salto sono accomunati dal taglio compositivo e sonoro di Bozzini, una figura anomala di cantautore non solo perchè uomo di gruppo proveniente da una band, ma anche perchè al crocevia tra canzone d’autore, indie-folk e rock internazionale. Non è un caso che l’orizzonte di ascolti e di riferimenti del torinese sia ampio e preciso: “Ho cominciato con Guccini (alle elementari). Ho ascoltato molto Battisti, De Gregori e Bob Dylan. Ho scoperto De Andrè molto tardi (a 25 anni), ovviamente mi folgorò. Ho scoperto ancora più tardi i sommi Giorgio Gaber e Piero Ciampi. Ho divorato con tutto il cuore Vinicio Capossela e soprattutto i suoi live hanno ispirato molte mie canzoni. Afterhours e Marlene Kuntz verranno più fuori nelle mie prossime canzoni, già in studio. Molti cantautori contemporanei mi ispirano, Ettore Giuradei, Iosonouncane e Andrea Laszlo De Simone. In alcune mie canzoni in studio o passate ci sono elementi che prendono ispirazione dai Pink Floyd, gruppo che ho ascoltato moltissimo. Sono dei particolari. Lo stacco nel Salto richiama invece A day in the life dei Beatles”.
Lontano è un lavoro intimista e delicato, ma al tempo stesso carico di passione, nato insieme a una figura eclettica e dissacrante come Paolo Rigotto: “Avevo bisogno di Paolo per sperimentare cose nuove e per allontanarmi dal folk dei Marichka Connection. Paolo è stato centrale in fase di arrangiamento, oltre ad essere l’esecutore di quasi tutti gli strumenti che non suono io. In lui ho trovato un grande mix di ascolto e talento che ci hanno portati a costruire meticolosamente e insieme le canzoni”.

LONTANO
EMANUELE BOZZINI
4 tracce | 15′.21”

Emanuele Bozzini: https://www.emanuelebozzini.com/
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Emanuele Bozzini biografia
Emanuele Bozzini è un cantautore torinese emigrato in Belgio, già leader della band italo-belga Marichka Connection con cui ha pubblicato l’album Fuga dal Paradiso nel 2015. Nel 2014 il singolo Il Barone Rampante ha ricevuto una calorosa accoglienza dalle radio indipendenti italiane.
Ha suonato tra Italia, Francia, Olanda e Belgio, aprendo gruppi e musicisti come Africa Unite, Bandabardò e Mario Venuti e partecipando ad alcuni festival italiani e non tra cui l’Assisi Festival, l’Ariano Folk Festival e La Luna e i Calanchi di Franco Arminio.
Ha deciso ora, in collaborazione col cantautore e produttore torinese Paolo Rigotto, di mettersi a nudo rompendo il guscio folk in cui si era covato musicalmente coi Marichka Connection alla ricerca di nuovi territori.
Con il singolo “Sparirò” ha inaugurato in maggio la nascita del suo nuovo progetto solista che ha poi proseguito con “Il Salto” e “L’Eremita”, quest’ultimo in anteprima su La Stampa.

Lontano: una conversazione con Emanuele Bozzini

Lontano è il disco della “lontananza”, il tema chiave di questo tuo nuovo percorso da solista. Da cosa ti sei allontanato?
La lontananza, l’ho capito da quando ho deciso di dare questo titolo all’EP, è una dimensione molto articolata. Sono stato lontano da me stesso, dalle emozioni, dagli affetti, ma anche dal confronto e dagli altri. In una parola che può certamente suonare drammatica, ma che è esattamente quello che sentivo mentre scrivevo queste canzoni, potrei dire che mi sentivo lontano dalla vita.
Ho sempre vissuto di alti e bassi emotivi i cui bassi si manifestavano attraverso stati depressivi piuttosto duraturi. È il mio lato più fragile che in quei periodi lottava per sentirsi vivo a scrivere queste canzoni. Chi mi conosce mi dirà che in realtà io la vita l’ho sempre spremuta. Ma chi mi conosce meglio sa anche che la vita io la spremevo solo “nelle notti di luna nuova”, quando cioè nessuno sguardo era pronto ad assalire la mia azione. Al buio. Lontano appunto.
Il gioco vuole che io possa pubblicare adesso Lontano solo perché sto riuscendo finalmente a “riavvicinarmi” e a non dipendere più dalle fasi di quella luna. Ed è da Lontano che io mi sono portato dietro il diario emotivo del mio Eremita.
È quindi per pura coincidenza che questo lavoro venga fuori in un momento in cui, fisicamente, lontano siamo costretti ad esserlo tutti quanti.

A proposito di lontananza e allontanamenti, alle tue spalle c’è un’esperienza importante, quella dei Marichka Connection. Che differenze ci sono tra la musica della band in cui militavi e le tue nuove canzoni?
Qui entriamo nel dominio degli allontanamenti sani e consapevoli, di quelli che ti permettono di riavvicinarti a te stesso. Ci sono differenze di due ordini rispetto a quello che ho fatto coi Marichka Connection. Musicalmente mi sono allontanato dal folk puro e duro. Il violino non è più il protagonista incontrastato della musica, anzi compare solo in una canzone, in riga, insieme ad un quartetto d’archi. C’è una carica rock più grande e la volontà di spaziare in maniera più libera attraverso nuovi tipi di suoni e diversi tipi di arrangiamento. Certamente anche a livello di voce, ho avuto un cambiamento.
Emotivamente si tratta di canzoni molto più intime e dolorose. Se coi Marichka, pur con dei testi che rimettevano in questione molte cose, volevo tenere alta la carica positiva dei miei componimenti, qui mi abbandono alla realtà dolorosa e cruda dell’essere.

Torino è una delle città della musica in Italia, magari un po’ annebbiata e stanca, ma nell’epoca d’oro ricca di fermento. Oggi vivi altrove, in Belgio: la lontananza dalla tua città ha ispirato in qualche modo l’Ep?
La lontananza dalla mia città e dal mondo emotivo che è legato a quella città è centrale. Come lo è in tutto quello che ho scritto. Anche in Fuga dal Paradiso (l’album che incisi con i Marichka Connection) ero in forte dialettica con quel mondo… il paradiso di certezze da cui fuggii. Ma se nell’altro album cantavo di una fuga liberatoria e rivelatoria, qui parlo invece di solitudine e di schiavitù, l’altro lato della stessa medaglia emotiva.

È facile usare il termine “canzone d’autore”, in realtà dietro questa dicitura si celano mondi e orizzonti disparati. Qual è la natura della canzone d’autore secondo Emanuele Bozzini?
Per me la canzone d’autore è una canzone le cui parole hanno ricchezza emotiva e stilistica. È musica pensante. Musicalmente invece non ci metto molti paletti. Per me un “Iosonouncane” fa elevatissima canzone d’autore ma un musicista, magari con la chitarra al collo o un bel piano a coda con cui commuovere il suo pubblico potrebbe non farne. Ci sono poi dei territori di confine in cui ad ogni modo quello che conta è l’autenticità e l’urgenza espressiva di chi compone al di là dell’eleganza delle parole in sé. Non voglio attirare antipatie, ma per me uno Young Signorino nei suoi suoni gutturali dei primi tempi ha molto da dire… e non sarà un caso se Vinicio Capossela l’ha voluto accanto in un featuring.

È scomodo fare nomi, ma sicuramente ci saranno artisti o gruppi che ti hanno ispirato, che ti hanno stimolato nella tua attività di musicista. Vuoi aprire il tuo scrigno di ascolti formativi?
Ho cominciato con Guccini (alle elementari). Ho ascoltato molto Battisti, De Gregori e Bob Dylan. Ho scoperto De Andrè molto tardi (a 25 anni), ovviamente mi folgorò. Ho scoperto ancora più tardi i sommi Giorgio Gaber e Piero Ciampi. Ho divorato con tutto il cuore Capossela e, soprattutto i suoi Live hanno ispirato molte mie canzoni. Una canzone del mio vecchio album l’ho scritta rielaborando la melodia del Corvo Joe dei Baustelle. Afterhours e soprattutto Marlene Kuntz verranno più fuori nelle mie prossime canzoni, già in studio. Ci sono molti cantautori contemporanei che mi ispirano, da Ettore Giuradei, a Iosonouncane e ad Andrea Laszlo De Simone.
Non voglio suonare pretenzioso nel citare dei mostri a livello internazionale, però è inevitabile che anche quelli mi abbiano influenzato. So ad esempio che in alcune mie canzoni ci sono degli elementi che riprendono cose dei Pink Floyd, che ho ascoltato moltissimo. Sono dei particolari. Oppure lo stacco nel Salto richiama chiaramente A day in the life dei Beatles.

Hai scelto una narrazione affidata ai singoli. Il primo è stato Sparirò, incentrato sulla rinuncia, la scomparsa, il farsi da parte. Il salto ha avuto una spinta positiva, una dichiarata voglia di cambiare. L’Eremita è probabilmente l’elemento chiave per capire l’idea-forza dell’opera, inoltre ti ha visto anche attore nel videoclip realizzato nel villaggio di Ghesc. Rinuncia, cambiamento, infine solitudine?
Bella osservazione… ma sbagliata! L’ordine giusto è Rinuncia, Solitudine e infine Cambiamento. Rimango comunque un inguaribile ottimista. Non potevo presentare l’Eremita d’estate perché canzone troppo autunnale: questo è l’unico motivo per cui il Salto è venuto prima. Il Salto chiude anche l’EP. Oltretutto questo è anche l’ordine con cui ho scritto questi tre pezzi

Il quarto pezzo Lontano cosa aggiunge alla introspezione dei precedenti?
Musicalmente Lontano si stacca dagli altri tre brani: è un brano di maggiore intensità, quasi meditativa, pur avendo un taglio rock più marcato. Conto di proseguire su questa strada con alcune delle prossime canzoni. Da un punto di vista introspettivo invece questa canzone parla di un’altra dimensione dell’allontanamento: quella di un EGO fragile che ha bisogno di restare lontano per evitare il confronto e che finalmente davanti all’unico Dio che riesce ad incontrare in questo universo rarefatto in cui si trova capisce di essere solo.
Lontano è la canzone che anticipa la consapevolezza del ritorno.

Senza Paolo Rigotto il disco non avrebbe avuto questa fisionomia: qual è stato il suo ruolo e cosa ha dato allo spirito di Lontano?
Io avevo bisogno di Paolo per sperimentare cose nuove e per allontanarmi dai Marichka Connection. Paolo è stato molto di più. È stato centrale in fase di arrangiamento oltre ad essere l’esecutore di quasi tutti gli altri strumenti che non suono io (a parte alcuni guest nel Salto). In Paolo ho trovato un grande mix di ascolto e di talento che ci hanno portati a costruire meticolosamente e insieme le canzoni dell’EP.

FONTE: Ufficio Stampa Synpress44.

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