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Nuova vita per il cenotafio di Dante

La basilica di Santa Croce con il cenotafio di Dante, simbolo di riconciliazione di Firenze con il poeta e dei valori su cui nasce l’Italia unita, è stato u...

cenotafio_dante.inFIRENZE – Proprio lì, infatti, il Sommo Poeta è stato celebrato con la presentazione del restauro del suo monumento sepolcrale vuoto, opera dello scultore Stefano Ricci. A dar voce a Dante e alla Commedia l’attrice Monica Guerritore che ha recitato alcune terzine del I canto dell’Inferno e del XXIV Canto del Purgatorio – una delle quali è parzialmente incisa sul monumento – che fanno riferimento all’incontro con Bonagiunta. Sono intervenuti la presidente dell’Opera di Santa Croce Irene Sanesi, il sindaco Dario Nardella, il prefetto Alessandra Guidi e il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani.
Il volto solennemente pensoso di Dante, che dall’alto sembra scrutare in eterno la storia degli uomini, ha ritrovato la sua luce antica grazie all’intervento di restauro che ha interessato l’intero cenotafio che i fiorentini nel 1830 dedicarono al Sommo Poeta.
Il progetto gode del patrocinio del Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. “È bello e significativo sottolineare che per il restauro appena concluso c’è stata una mobilitazione collettiva, la stessa che ci fu per la sua realizzazione nell’Ottocento con una sottoscrizione pubblica, una specie di crowdfunding ante litteram”, ha sottolineato la presidente Sanesi, “un impegno condiviso che ha visto insieme le istituzioni – Fondo Edifici di Culto del ministero dell’Interno, Comune di Firenze e Opera di Santa Croce – e i soggetti privati, mecenati come Christian e Florence Levett e imprese come Dedalus Italia ed El. En spa”.
Il cenotafio di Dante, primo riconoscimento ufficiale della città di Firenze al poeta morto in esilio e sepolto a Ravenna, viene promosso dal granduca Ferdinando III (1769-1824) e realizzato grazie a una sottoscrizione pubblica firmata da alcuni degli intellettuali più in vista della vita civile e culturale fiorentina. L’iniziativa suscita grande consenso tanto che Giacomo Leopardi, nell’autunno 1818, compone la canzone Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze.
L’intervento di conservazione e restauro è stato condotto utilizzando metodologie tradizionali e il ricorso alla tecnologia laser che ha consentito di intervenire nelle parti che presentavano maggiori problematiche di conservazione. Il lavoro si è articolato in varie fasi: spolveratura di tutti i depositi superficiali, pre-consolidamento, indagini stratigrafiche, pulitura delle superfici, consolidamento, risarcimenti e stuccature. Con una tecnica specifica sono state ripristinate anche le scritte a fondo d’oro. Subito dopo l’alluvione il cenotafio era stato oggetto di un’operazione generale di ripulitura e l’intervento odierno ha consentito la rimozione anche di alcuni residui di limo oltre che di alcune incisioni da parte di vandali.
Con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio della Città metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato, il progetto è stato coordinato da Eleonora Mazzocchi, responsabile del Servizio tutela e gestione del Patrimonio Storico artistico dell’Opera di Santa Croce. Il restauro è stato eseguito da Stefano Landi insieme ad alcuni collaboratori, tra cui Aviv Fürst che ha curato il recupero delle dorature.
Il cenotafio viene realizzato da Stefano Ricci e inaugurato nel 1830, segno emblematico della fase storica in cui prende forma l’attesa unitaria della futura Nazione. Nell’agosto del 1818 sulla Gazzetta di Firenze appare il manifesto per la costruzione del monumento sottoscritto, tra gli altri, da Gino Capponi e Vittorio Fossombroni, due protagonisti nella Toscana granducale e nell’Italia preunitaria (Capponi anche di quella unitaria), entrambi sepolti in Santa Croce. Viene così lanciata una sottoscrizione pubblica.
“Veniva lo straniero a visitar questa Terra prediletta all’italiche Muse ed un monumento, un sasso non vi trovando alla memoria consacrato del primo padre di quelle, del divino Alighieri, sdegnato ne ripartiva”, si leggeva nell’appello per la realizzazione del monumento lanciato sempre sulla Gazzetta di Firenze nel settembre 1817. “Ciò non avverrà più quind’innanzi; nel Pantheon toscano, fra le tombe dei nostri uomini grandi, sorgerà un degno mausoleo per onor di quell’uomo grandissimo, o piuttosto per ammenda dell’ingiustizia della patria benché, degna in parte di perdono, ed in parte solo apparente, fu la ingiustizia della madre verso questo suo primogenito ingegno e la di lui memoria”. Dell’esecuzione venne incaricato uno degli scultori toscani più importanti del tempo, Stefano Ricci, già attivo in Santa Croce, ma che si cimenta qui, per la prima volta, con un’impresa di dimensioni monumentali. La genesi del cenotafio si presenta da subito complessa e lo scultore elabora molti progetti prima di arrivare a una versione definitiva, impiegando più di dieci anni per realizzarla.
Il monumento vede Dante, vestito all’antica e con una corona di alloro, seduto in posizione sopraelevata al centro della composizione, in atteggiamento pensoso e con il braccio poggiato su un libro. Il sarcofago è affiancato da due figure femminili: a sinistra l’Italia in piedi e con la corona turrita, a destra la Poesia piangente, adagiata sulla tomba che tiene nelle mani una corona d’alloro e un volume con incisi i versi della Divina Commedia “IO MI SON UN CHE QUANDO AMORE M(I) SPIRA, NOTO” (Purgatorio XXIV). Lo schema compositivo e le pose dei personaggi citano opere di Canova, modello indiscusso per Ricci. Il cenotafio, assai imponente e impegnativo dal punto di vista tecnico, venne inaugurato il 24 marzo 1830 molti anni dopo la sua ideazione, suscitando consensi, come l’ammirazione dello scultore Berthel Thordvalsen, ma anche critiche accese. In un tempo ormai attraversato da correnti puriste e romantiche, l’opera, di ispirazione pienamente neoclassica, apparve ai contemporanei appartenere a un linguaggio ormai passato.

FONTE: AISE.

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