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Parkinson: la presenza di varianti genetiche rare aumenta il rischio di malattia

Sequenziato il genoma di 500 pazienti affetti da morbo di Parkinson. Identificati ventisei geni, sedici dei quali associati per la prima volta alla patolo...

Lo studio condotto dallā€™Istituto di genetica e biofisica ā€œAdriano Buzzati Traversoā€ del Cnr di Napoli e dallā€™I.R.C.C.S. Neuromed ĆØ pubblicato su Molecular Neurodegeneration.

Neuromed-copROMA –Ā  Una ricerca nata dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di genetica e biofisica ā€œAdriano Buzzati Traversoā€ del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) ha evidenziato come alcune varianti genetiche rare, se presenti simultaneamente, possano esercitare un ruolo importante nellā€™aumentare significativamente il rischio di ammalarsi di Parkinson.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Neurodegeneration, ha preso in esame i dati genetici di due tipologie di pazienti: quelli appartenenti a famiglie nelle quali la malattia di Parkinson ĆØ ricorrente e quelli in cui la patologia era comparsa senza che ci fosse familiaritĆ  (cosiddetti casi ā€œsporadiciā€). Inoltre gli autori del lavoro hanno approfondito la ricerca esaminando, sia su tessuti umani che su modelli animali, lā€™espressione genica (il processo di trascrizione dellā€™informazione genetica in proteine funzionali). Cinque dei geni studiati sono risultati particolarmente espressi in neuroni dopaminergici della Substantia Nigra la cui degenerazione ĆØ la causa principale del morbo di Parkinson.

Si tratta del piĆ¹ ampio studio genetico realizzato su pazienti italiani affetti da morbo di Parkinson utilizzando metodiche di sequenziamento di ultima generazione. ā€œAbbiamo potuto identificare varianti correlate al rischio di Parkinson in ventisei geni, sedici dei quali non erano stati precedentemente associati alla malattia. E abbiamo potuto riscontrare anche come la maggior parte di questi geni siano coinvolti in “pathways” importanti per la funzionalitĆ  del sistema dopaminergico la cui degenerazione porta allo sviluppo della patologiaā€, dice Alessandro Gialluisi, ricercatore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed, primo autore del lavoro.

Un risultato importante dello studio ĆØ che le varianti esaminate possono avere una sorta di effetto cumulativo. ā€œLa presenza contemporanea di due o piĆ¹ di queste varianti rare si ĆØ rivelata associata con un aumento della probabilitĆ  di sviluppare il Parkinson nel 20% dei pazienti. Possiamo parlare di un ā€˜caricoā€™ di mutazioni crescente che, in futuro, potrebbe portarci a valutare il rischio di malattia proprio attraverso lā€™individuazione del numero di varianti dannose presenti nel DNA di una personaā€, spiega Teresa Esposito, ricercatrice del Cnr-Igb e responsabile del Laboratorio Cnr presso il Neuromed, ultimo autore dello studio.

ā€œQuesti risultati appaiono promettenti nella prospettiva di perfezionare le tecniche di diagnostica molecolare rivolte a individuare precocemente le persone a rischio elevato. Saranno naturalmente necessari altri studi da un lato per aumentare il numero di pazienti diagnosticabili e dall’altro per comprendere e sviluppare potenziali approcci terapeutici, primi fra tutti quelli basati su sviluppi farmacologici e di medicina rigenerativa. CiĆ² che possiamo pensare, per un futuro piĆ¹ vicino, ĆØ un esame genetico che tenga conto del carico di varianti dannose presenti nel genoma di un individuoā€, conclude Antonio Simeone, Direttore del Cnr-Igb. ā€œPotrebbero aprirsi possibilitĆ  importanti per avviare screening di popolazione e, quindi, migliorare la diagnosi precoce di una patologia che si sviluppa nel tempo, e nella quale i sintomi si manifestano solo quando i pazienti hanno giĆ  perso il 50% dei neuroni dopaminergici, quelli maggiormente implicati nel Parkinsonā€.

FONTE: Ufficio Stampa CNR.

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