Lo studio condotto dallāIstituto di genetica e biofisica āAdriano Buzzati Traversoā del Cnr di Napoli e dallāI.R.C.C.S. Neuromed ĆØ pubblicato su Molecular Neurodegeneration.
ROMA –Ā Una ricerca nata dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed e Istituto di genetica e biofisica āAdriano Buzzati Traversoā del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) ha evidenziato come alcune varianti genetiche rare, se presenti simultaneamente, possano esercitare un ruolo importante nellāaumentare significativamente il rischio di ammalarsi di Parkinson.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Neurodegeneration, ha preso in esame i dati genetici di due tipologie di pazienti: quelli appartenenti a famiglie nelle quali la malattia di Parkinson ĆØ ricorrente e quelli in cui la patologia era comparsa senza che ci fosse familiaritĆ (cosiddetti casi āsporadiciā). Inoltre gli autori del lavoro hanno approfondito la ricerca esaminando, sia su tessuti umani che su modelli animali, lāespressione genica (il processo di trascrizione dellāinformazione genetica in proteine funzionali). Cinque dei geni studiati sono risultati particolarmente espressi in neuroni dopaminergici della Substantia Nigra la cui degenerazione ĆØ la causa principale del morbo di Parkinson.
Si tratta del piĆ¹ ampio studio genetico realizzato su pazienti italiani affetti da morbo di Parkinson utilizzando metodiche di sequenziamento di ultima generazione. āAbbiamo potuto identificare varianti correlate al rischio di Parkinson in ventisei geni, sedici dei quali non erano stati precedentemente associati alla malattia. E abbiamo potuto riscontrare anche come la maggior parte di questi geni siano coinvolti in “pathways” importanti per la funzionalitĆ del sistema dopaminergico la cui degenerazione porta allo sviluppo della patologiaā, dice Alessandro Gialluisi, ricercatore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed, primo autore del lavoro.
Un risultato importante dello studio ĆØ che le varianti esaminate possono avere una sorta di effetto cumulativo. āLa presenza contemporanea di due o piĆ¹ di queste varianti rare si ĆØ rivelata associata con un aumento della probabilitĆ di sviluppare il Parkinson nel 20% dei pazienti. Possiamo parlare di un ācaricoā di mutazioni crescente che, in futuro, potrebbe portarci a valutare il rischio di malattia proprio attraverso lāindividuazione del numero di varianti dannose presenti nel DNA di una personaā, spiega Teresa Esposito, ricercatrice del Cnr-Igb e responsabile del Laboratorio Cnr presso il Neuromed, ultimo autore dello studio.
āQuesti risultati appaiono promettenti nella prospettiva di perfezionare le tecniche di diagnostica molecolare rivolte a individuare precocemente le persone a rischio elevato. Saranno naturalmente necessari altri studi da un lato per aumentare il numero di pazienti diagnosticabili e dall’altro per comprendere e sviluppare potenziali approcci terapeutici, primi fra tutti quelli basati su sviluppi farmacologici e di medicina rigenerativa. CiĆ² che possiamo pensare, per un futuro piĆ¹ vicino, ĆØ un esame genetico che tenga conto del carico di varianti dannose presenti nel genoma di un individuoā, conclude Antonio Simeone, Direttore del Cnr-Igb. āPotrebbero aprirsi possibilitĆ importanti per avviare screening di popolazione e, quindi, migliorare la diagnosi precoce di una patologia che si sviluppa nel tempo, e nella quale i sintomi si manifestano solo quando i pazienti hanno giĆ perso il 50% dei neuroni dopaminergici, quelli maggiormente implicati nel Parkinsonā.
FONTE: Ufficio Stampa CNR.