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Sesto Rapporto IPCC – Working Group I

Ha il compito di redigere a scadenza regolare rapporti di valutazione sulle conoscenze scientifiche relative al cambiamento climatico.

Annalisa Cherchi, Susanna Corti, Sandro Fuzzi
Lead Authors IPCC WG I

CNR-copIntergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), creato dalle Agenzie delle Nazioni Unite UNEP (UN Environmental Program e WMO (World Meteorological Organisation) nel 1988, ha il compito di redigere a scadenza regolare rapporti di valutazione sulle conoscenze scientifiche relative al cambiamento climatico, ai suoi impatti, ai rischi connessi, e alle opzioni per la mitigazione e lā€™adattamento.

ƈ attualmente in corso di finalizzazione il 6Ā° Rapporto IPCC (AR6).

Ogni Rapporto IPCC si compone di tre parti, ognuna redatta a cura di un apposito Working Group (WG).
Working Group I: valuta le nuove conoscenze scientifiche emerse rispetto al rapporto precedente.
Working Group II: valuta gli impatti del cambiamento climatico sullā€™ambiente e la societĆ  e le azioni di adattamento necessarie.
Working Group III: valuta le azioni di mitigazione del cambiamento climatico.

Ogni WG redige un rapporto mediamente dellā€™ordine di 2-3000 pagine, accompagnato da un Riassunto tecnico che mette in evidenza i punti salienti del rapporto e un breve Summary for Policy Makers ad uso dei responsabili politici dei paesi associati allā€™ONU, nei quali sono condensate per punti essenziali tutte le informazioni analizzate nel dettaglio nei singoli rapporti.

Ogni WG si compone mediamente di 200-250 scienziati (Lead Authors) scelti su proposta dei singoli governi dal Bureau IPCC. La partecipazione dei singoli scienziati ĆØ volontaria e non retribuita.

ƈ bene ricordare che i risultati dei Rapporti IPCC sono basati esclusivamente sullā€™esame critico di diverse migliaia di lavori scientifici pubblicati (14.000 solo per quanto riguarda il WG I).

I Rapporti IPCC, la cui stesura impegna gli scienziati per circa tre anni, sono soggetti prima della stesura finale a due fasi di revisione da parte di diverse centinaia di altri scienziati esperti del settore e da parte di esperti dei singoli governi.

Il giorno 9 agosto 2021 verrĆ  presentato ufficialmente il Rapporto del Working Group I dedicato allo stato dellā€™arte delle basi scientifiche del cambiamento climatico e degli avanzamenti rispetto allā€™ultimo rapporto AR5.

Gli altri due Rapporti di cui si compone AR6 sono tuttora in corso di elaborazione e verranno presentati nei primi mesi del 2022.

Per quanto riguarda il Working Group I, sui 234 Lead Authors provenienti da 66 Paesi, tre sono gli scienziati appartenenti a unā€™istituzione di ricerca italiana, tutti ricercatori dellā€™Istituto di Scienze dellā€™Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Principali risultati del rapporto
Lo stato attuale del clima
Rispetto al precedente Rapporto IPCC (AR5, 2013), nuove e piĆ¹ dettagliate osservazioni, unite a modelli climatici sempre piĆ¹ perfezionati, hanno permesso di approfondire la conoscenza e la quantificazione dellā€™effetto antropico sul clima della Terra, comunque giĆ  accertato da almeno un decennio.

Le emissioni antropiche dei principali gas serra sono ulteriormente cresciute, raggiungendo nel 2019 concentrazioni di 410 parti per milione (ppm) per CO2 e 1866 parti per miliardo (ppb) per il metano.

La temperatura media globale del pianeta nel decennio 2011-2020 ĆØ stata di 1.09Ā°C superiore a quella del periodo 1850-1900, con un riscaldamento piĆ¹ accentuato sulle terre emerse rispetto allā€™oceano.

La parte preponderante del riscaldamento climatico osservato ĆØ causata dalle emissioni di gas serra derivate dalle attivitĆ  umane.

A seguito del riscaldamento climatico, il livello medio dellā€™innalzamento del livello del mare fra il 1901 e il 2020 ĆØ stato di 20 cm, con una crescita media di 1.35 mm/anno dal 1901 al 1990 e una crescita accelerata di 3.7 mm/anno fra il 2006 e il 2018.

Tutti i piĆ¹ importanti indicatori delle componenti del sistema climatico (atmosfera, oceani, ghiacci) stanno cambiando ad una velocitĆ  mai osservata negli ultimi secoli e millenni:

La concentrazione dei principali gas serra ĆØ oggi la piĆ¹ elevata degli ultimi 800.000 anni.

Nel corso degli ultimi 50 anni la temperatura della Terra ĆØ cresciuta ad una velocitĆ  che non ha uguali negli ultimi 2000 anni.

Nellā€™ultimo decennio lā€™estensione dei ghiacci dellā€™Artico durante lā€™estate ĆØ stata la piĆ¹ bassa degli ultimi 1000 anni e la riduzione dellā€™estensione dei ghiacciai terrestri non ha precedenti negli ultimi 2000 anni.

Lā€™aumento medio del livello del mare ĆØ cresciuto ad una velocitĆ  mai prima sperimentata, almeno negli ultimi 3000 anni e lā€™acidificazione delle acque dei mari sta procedendo a una velocitĆ  mai vista in precedenza, almeno negli ultimi 26.000 anni.

Covid-19, qualitĆ  dellā€™aria e clima
Un fenomeno del tutto imprevedibile e inaspettato, la pandemia dovuta al virus COVID-19, ha permesso di condurre un esperimento altrimenti impensabile: la riduzione in tempi brevissimi delle emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra dovuta ai lockdown estesi praticamente in tutto il mondo. Mentre la riduzione delle emissioni inquinanti ha portato a un seppur temporaneo miglioramento della qualitĆ  dellā€™aria a livello globale, la riduzione del 7% delle emissioni globali di CO2, una riduzione enorme mai sperimentata nei decenni passati, non ha prodotto alcun effetto sulla concentrazione di CO2 in atmosfera e, conseguentemente, nessun apprezzabile effetto sulla temperatura del pianeta.

Questo perchĆ©, mentre la riduzione delle emissioni dei principali inquinanti, che permangono in atmosfera per alcuni giorni o, al massimo, per alcuni mesi, ha un rapido effetto sulla loro concentrazione con un considerevole beneficio sulla salute umana e sullā€™ambiente in generale, al contrario, per contrastare il riscaldamento climatico sono necessarie riduzioni della concentrazione di CO2, che permane in atmosfera per centinaia di anni, e degli altri gas serra che siano sostenute nel tempo e di grossa entitĆ  fino alla completa decarbonizzazione.

Il nostro possibile futuro
In questo Rapporto, i possibili climi del futuro sono simulati sulla base di cinque possibili scenari futuri (Shared Socioeconomic Pathways, SSPs) che descrivono contesti in cui non vi ĆØ alcuna sostanziale mitigazione rispetto alle emissioni di CO2 (gli scenari SSP7.0 e SSP8.5), un contesto intermedio, ove la mitigazione ĆØ modesta (SSP4.5) e contesti che descrivono scenari a basso contenuto di CO2 con emissioni nulle raggiunte nella seconda metĆ  del 21Ā° secolo (SSP2.6 e SSP1.9).

Su queste basi:

La temperatura superficiale globale della Terra continuerĆ  ad aumentare almeno fino alla metĆ  del secolo corrente in tutti gli scenari di emissione considerati. I livelli di riscaldamento globale di 1,5Ā°C e 2Ā°C al di sopra dei livelli pre-industriali saranno superati entro la fine del 21Ā° secolo a meno che nei prossimi decenni non si verifichino profonde riduzioni delle emissioni di CO2 e di altri gas serra.

Nello scenario con le emissioni di CO2 valutate piĆ¹ basse (SSP1.9), corrispondente a una diminuzione delle emissioni globali di gas serra dal 2020 in poi e il raggiungimento di emissioni nette di CO2 pari a zero negli anni 2050, il riscaldamento globale durante il 21Ā° secolo ĆØ estremamente probabile che possa rimanere al di sotto dei 2Ā°C.

Molte delle variazioni giĆ  osservate nel sistema climatico, fra cui aumento della frequenza e dellā€™intensitĆ  degli estremi di temperatura, ondate di calore, forti precipitazioni, siccitĆ , perdita di ghiaccio marino artico, manto nevoso e permafrost, diventeranno piĆ¹ intense al crescere del riscaldamento globale.

Si prevede che un ulteriore riscaldamento globale intensificherĆ  il ciclo globale dell’acqua, compresa la sua variabilitĆ  e la gravitĆ  degli eventi umidi e secchi.

Si puĆ² affermare che ogni mezzo grado di riscaldamento globale provoca un aumento chiaramente percepibile della frequenza e della durata di estremi di temperatura (ondate di calore), dell’intensitĆ  delle precipitazioni intense e della siccitĆ  in alcune regioni del pianeta.

Si prevede che un ulteriore riscaldamento del clima amplificherĆ  ulteriormente lo scongelamento del permafrost e la perdita della copertura nevosa stagionale, del ghiaccio terrestre e del ghiaccio marino artico. ƈ probabile che l’Artico sarĆ  praticamente privo di ghiaccio marino in settembre (mese in cui raggiunge il minimo annuale) almeno una volta prima del 2050 in tutti gli scenari di emissione, con eventi piĆ¹ frequenti per livelli di riscaldamento piĆ¹ elevati.

Negli scenari con elevate emissioni di CO2, si prevede che la capacitĆ  di assorbimento del carbonio da parte degli oceani e degli ecosistemi terrestri diventerĆ  meno efficace nel rallentare il tasso di crescita della CO2 atmosferica.

Vi sono conseguenze dei cambiamenti climatici in atto che sono irreversibili su scale temporali dellā€™ordine delle centinaia di anni. In particolare questo ĆØ vero per i cambiamenti che riguardano lā€™oceano, il ghiaccio marino artico e il livello del mare (che continuerĆ  a salire nel corso del 21Ā° secolo).

La riduzione delle emissioni di CO2 porterĆ  effetti positivi sulla qualitĆ  dellā€™aria, osservabili su una scala temporale di alcuni anni. Diversamente, gli effetti sulla temperatura del pianeta saranno visibili solo dopo molti decenni. Da qui lā€™estrema urgenza di interventi tempestivi e sostanziali per la riduzione delle emissioni clima-alteranti.

Informazioni climatiche a scala regionale
Rispetto al precedente Rapporto AR5, lā€™avanzamento scientifico e tecnologico, nonchĆ© una maggiore consapevolezza del tipo di informazioni richieste dagli utenti ha comportato un miglioramento della quantitĆ  e qualitĆ  delle informazioni climatiche, soprattutto a scala regionale. Questo sesto rapporto contiene approfondimenti sulle metodologie per raccogliere e successivamente divulgare e distribuire le informazioni climatiche a scala regionale utili agli utenti finali, inclusi i decisori politici.

Le informazioni climatiche sono state aggregate sotto forma di indicatori, che possono essere variabili climatiche, quali temperatura o precipitazione, ma anche estremi a esse associati o altro ancora. Questi indicatori climatici sono stati scelti in quanto molto importanti per la pianificazione/adattamento e la valutazione del rischio climatico a scala locale/regionale. Le informazioni climatiche sono quindi disponibili per una serie di regioni nelle quali sono stati suddivisi i vari continenti e le aree oceaniche.

Per esempio, nel Mediterraneo e in Europa, che ci interessano piĆ¹ direttamente, eventi estremi di elevata temperatura, stimati sulla base delle temperature massime giornaliere ma anche sulla durata, frequenza ed intensitĆ  delle ondate di calore, sono aumentati dagli anni ā€˜50, cosi come nel Mediterraneo sono aumentati fenomeni siccitosi misurati in base al contenuto di umiditĆ  del suolo e al bilancio idrico. In entrambi i casi, lā€™aumento ĆØ da attribuirsi allā€™attivitĆ  dellā€™uomo. In base alle proiezioni climatiche disponibili, questi aumenti continueranno nel futuro, con intensitĆ  crescenti parallelamente allā€™aumento del valore di riscaldamento globale raggiunto.

FONTE: Ufficio Stampa CNR.

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