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Rapporto CittàClima 2021: il clima è cambiato

Secondo Legambiente, in Italia aumentano gli eventi climatici estremi e i Comuni colpiti: urgente approvare il Piano nazionale di adattamento ai ca...

Città-clima-cop“Il clima è cambiato”. Ecco la triste verità che dà il titolo all’ultimo Rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente, realizzato con il contributo del Gruppo Unipol e la collaborazione scientifica di Enel Foundation. I dati parlano chiaro: nell’ultimo anno gli eventi meteorologici estremi sono stati 133, segnando un aumento del 17,2% rispetto al 2020. I fenomeni più frequenti sono piogge intense, con conseguenti frane ed esondazioni fluviali, trombe d’aria, prolungati periodi di siccità e temperature estreme. Il Rapporto 2021 include per la prima volta anche le grandinate estreme, responsabili di ben 14 casi di danni solo dall’inizio dell’anno.

La mappa del rischio climatico individua 14 aree maggiormente esposte agli impatti climatici: si tratta di grandi aree urbane e territori costieri sempre più spesso flagellati dal maltempo, con danni ingenti all’intero ecosistema e alla vita umana. A specifiche città come Roma, Bari, Milano, Genova e Palermo, si aggiungono aree più vaste quali la costa meridionale della Sardegna, la costa romagnola e soprattutto la costa orientale della Sicilia: basti pensare che l’11 agosto 2021 a Siracusa si è raggiunto il record europeo di 48,8° C, mentre tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre le zone del catanese e del siracusano hanno dovuto fronteggiare il passaggio dell’uragano mediterraneo Apollo. In totale, i Comuni maggiormente colpiti dai fenomeni estremi sono saliti a 602, 95 in più rispetto all’ultimo rapporto.

Secondo Legambiente, i dati non lasciano spazio ad ulteriori ritardi nell’approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Non solo è necessario, ma è oramai anche urgente che il nostro Paese si doti di uno strumento per individuare le aree a maggior rischio e le priorità di intervento, così da orientare in maniera veramente efficace le politiche pubbliche. L’orizzonte di riferimento è la fine del 2022, quando sarà possibile rivedere gli interventi previsti dal Recovery Plan. Il nodo cruciale è il passaggio da un’ottica di riparazione dei danni già avvenuti ad un’ottica di prevenzione, fondata sull’aumento della resilienza e la riduzione della vulnerabilità ai cambiamenti climatici. In questo senso, l’associazione preme anche per una revisione delle norme urbanistiche: basta costruire in aree a rischio idrogeologico, basta portare avanti interventi che mettono a rischio le vite umane.

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