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Grazie al laser scoperti i meccanismi di protezione del DNA dalla luce solare

Su Nature Communications lo studio che rivela come il DNA disperde l'energia della luce UV: importanti le conseguenze nelle nanotecnologie e in...

La ricerca condotta dallā€™Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr, Politecnico di Milano, UniversitĆ  di Bologna, UniversitĆ  della Tuscia e Heinrich Heine UniversitƤt DĆ¼sseldorf.

CNR-copROMA – Un nuovo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature Communications spiega come il DNA si protegge dalle mutazioni causate dalla luce ultravioletta attraverso i suoi elementi costitutivi, i nucleosidi. I risultati, ottenuti sfruttando impulsi di luce di durata estremamente breve, potranno avere importanti applicazioni nelle nanotecnologie e in farmacologia, come la lotta al tumore della pelle.

Lo studio ĆØ stato condotto da un team di ricercatori dellā€™Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn), del Politecnico di Milano, dellā€™UniversitĆ  di Bologna, dellā€™UniversitĆ  della Tuscia e dellā€™Heinrich Heine UniversitƤt DĆ¼sseldorf.

Il laser, infatti, permette di generare impulsi di luce incredibilmente brevi, con una durata di pochi milionesimi di miliardesimo di un secondo, e osservare fenomeni rapidissimi, come i processi fondamentali che avvengono quando la luce interagisce con gli organismi viventi, fra cui la visione o la fotosintesi.

Il DNA, la molecola che codifica le informazioni necessarie per la costruzione delle proteine, assorbe efficientemente la componente UV della luce solare, una proprietĆ  comune a moltissime biomolecole. A causa dell’elevata energia della radiazione UV, il suo assorbimento potrebbe avviare una catena di reazioni chimiche, con conseguente corruzione delle informazioni codificate nella sequenza di basi (foto-danneggiamento) causando gravi conseguenze (come il tumore alla pelle). Fortunatamente, nella maggior parte dei casi le molecole di DNA sono in grado di dissipare molto efficacemente lā€™energia della luce UV, grazie al processo di fotoprotezione, che ne impedisce il danneggiamento.

Nei nucleosidi questi processi sono particolarmente efficienti grazie alla velocitĆ  con cui viene dissipata lā€™energia assorbita, ma proprio la velocitĆ  ne rende particolarmente difficile lo studio, a lungo dibattuto dagli scienziati: da qui lā€™idea di utilizzare impulsi di luce ultrabrevi, per innescare questi processi e poi seguire tutte le fasi della loro evoluzione.

La tecnica ĆØ stata applicata allo studio di due nucleosidi: lā€™uridina e la metiluridina. Osservando sperimentalmente i processi molecolari su queste brevissime scale temporali, i ricercatori hanno compreso per la prima volta il meccanismo mediante il quale il nucleoside dissipa l’energia depositata dalla luce UV.

ā€œLa difficoltĆ  di studiare processi molecolari cosƬ veloci ĆØ simile a quella di scattare una fotografia di un’auto in corsa a piena velocitĆ : per evitare che la fotografia risulti mossa, si sceglie un tempo di esposizione sufficientemente corto. Se vogliamo scattare istantanee di un processo molecolare che dura meno di un di miliardesimo di secondo, abbiamo bisogno di lampi di luce UV molto brevi per catturarloā€, spiega la prima co-autrice RocĆ­o Borrego-Varillas, ricercatrice Cnr-Ifn e Politecnico di Milano. ā€œStudiare come i nucleosidi interagiscono con la luce su queste scale temporali molto brevi ĆØ fondamentale per comprendere i complessi processi fisici che portano al foto-danneggiamento del DNAā€.

ā€œL’interpretazione dei dati sperimentali ĆØ stata resa possibile grazie ad avanzate simulazioni teoriche, che hanno portato alla comprensione del fenomenoā€, aggiunge il primo co-autore Artur Nenov dell’UniversitĆ  di Bologna. ā€œNon solo: i nostri calcoli hanno chiarito anche la ragione per cui, nella metiluridina, il processo di dissipazione ĆØ 10 volte piĆ¹ lento rispetto all’uridina. Questa “lentezza” potrebbe spiegare perchĆ© le catene di DNA contenenti timidina (un nucleoside simile alla metiluridina) sono piĆ¹ inclini al fotodanneggiamento da luce UVā€.

FONTE: Ufficio Stampa CNR.

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