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‘I portatori d’anima’ di Lucia Pescador

La mostra si svolgerĆ  dal 19 febbraio alle Leo Galleries di Monza.

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L. Pescador – Il giardino delle Esperidi 2016 t.m su pagine di libro

MONZA – Leogalleries ospita la personale di Lucia Pescador, vincitrice del premio alla carriera della diciassettesima edizione del Premio Morlotti-Imbersago.

Classe 1943, formatasi a Brera (dove si diploma con Guido Ballo, con una tesi su Bepi Romagnoni), Lucia Pescador ha ancora oggi molto da dire: vivace e intelligente, non ha mai smesso di cercare, di raccogliere, di osservare, di interpretare e, soprattutto, di trasformare in arte e poesia ogni aspetto della vita, a partire dalla sua straordinaria casa-atelier, sorta di personale wunderkammer che ben rispecchia il carattere e le peculiaritĆ  della ricerca dellā€™artista.

Elemento fondante del lavoro di Lucia Pescador ĆØ la memoria: da sempre cataloga, archivia, inventaria. La memoria la ā€œprende totalmenteā€, afferma lei stessa nellā€™intervista raccolta da Giorgio Seveso e Simona Bartolena proprio in occasione del premio. ā€œLa memoria della cultura, soprattutto quella del Novecento, alta e bassaā€, ā€œche va dai fumetti di Topolino alla storia di Pinocchio alle opere di Kazimir Malevic o alla Pop artā€.

Di questi stralci di cultura, la Pescador trae copie e dā€™aprĆØs, spesso realizzati usando la mano sinistra, per costringersi a non riprodurre con troppa facilitĆ , per evitare di cadere nella sterile imitazione e raggiungere, invece, una personale rivisitazione della sostanza dellā€™opera da cui ĆØ partita.

Ed ecco i grandi maestri ā€“ da Malevich a Baselitz, da Kiefer a Beuys ā€“ diventare oggetto della sua attenzione e trasformarsi in Lucia Pescador, perfettamente metabolizzati e tradotti da unā€™artista dal tocco poetico, capace di racchiudere un intero racconto in un semplice e rapido segno.

Ma la ricerca di Lucia Pescador va oltre a questo rapporto strettissimo (e necessario) con i grandi del passato, con i ā€œportatori dā€™animaā€, come ama definirli lei; nelle opere dellā€™artista scorre lā€™esistenza nelle sue piĆ¹ diverse manifestazioni: vasi, zuccheriere, alberi, foglie, montagne, visioni immaginarieā€¦ Quello della Pescador ĆØ un universo perduto tra occidente e oriente raccontato in un inventario visivo tanto poetico quanto elegante e prezioso, frutto di decenni di lavoro paziente ma mai autorenferenziale, silenzioso e quieto, venato di una gioia sottile: la gioia di un bambino che impara sempre qualcosa di nuovo, lā€™incanto della scoperta e della sua condivisione.

La mostra presenta composizioni di opere su carta di piccole dimensioni che caratterizzano lo spirito della ricerca dellā€™artista, il suo modo di procedere per appunti, tracce, segni, riflessioni, intuizioni, traducendoli in immagini essenziali, armoniose e dense di significato, monumentali anche quando realizzate su supporti di misure ridotte.

Un lavoro di cui si coglie il senso piĆ¹ profondo proprio quando presentato nella forma di sequenze di immagini che ben testimoniano la stratificazione della memoria che la Pescador ha sempre voluto raccontare. ā€œSono come figurine del mondoā€, spiega lā€™artista, ā€œun album di figurine a volte in senso drammatico, a volte in senso giocosoā€.

E poi anche opere di piĆ¹ ampio formato, che traducono nelle grandi dimensioni il medesimo afflato e le stesse intenzioni dei piccoli appunti su carta, rivelando la straordinaria capacitĆ  dellā€™artista di costruire composizioni equilibrate, rigorose e oggettive eppure sempre poetiche, piene di immaginazione e di una meravigliosa libertĆ  espressiva.

Leo Galleries
Via de Gradi, 10, 20900 Monza MB
Telefono : +39 039 596 0835

Dal 19 febbraio al 12 marzo 2022
Inaugurazione: sabato 19 febbraio 2022, ore 17,00/19,00
Orario di apertura: mar-sab 10,00/13,00 ā€“ 15,00/19,00

I portatori d’anima – Intervista a Lucia Pescador, Premio alla Carriera 2021
a cura di Giorgio Seveso e Simona Bartolena

Oggi, con un anno di ritardo dovuto alla pandemia, siamo qui per consegnarti il nostro Premio alla Carriera che, tra lā€™altro, viene finalmente assegnato per la prima volta a una donna. La volta scorsa era toccato a Mino Ceretti…
Mi viene in mente – ripensando a Ceretti, al quale non da ieri va la mia ammirazione ā€“ che proprio lui tanti anni fa riuscƬ a stupirmi non poco. Eravamo a Capo dā€™Orlando per una iniziativa artistica, tutto un gruppo di pittori tra cui molti milanesi, e per lā€™opera che stavo realizzando, che era una sorta di giara di terracotta, avevo bisogno di scrivere la parola ā€œvasoā€ in greco antico. Ero ancora un poā€™ intimidita dalla situazione, io ragazza di provincia arrivata da poco a Milano da Voghera per andare al liceo artistico e poi a Brera, in mezzo ad artisti piĆ¹ grandi ed esperti di me. Ora, avevo chiesto un poā€™ a tutti in giro ā€“ allora non cā€™era internet a cui ricorrere ā€“ ma senza successo. Fu proprio Mino che mi suggerƬ subito e senza esitazioni la parola corretta, interessandosi anche con molta disponibilitĆ  e curiositĆ  al mio lavoro.
A Milano, lui e tutto lā€™ambiente che fu poi chiamato quello del Realismo esistenziale mi colpivano molto. Mi sembravano i piĆ¹ interessanti, tanto ĆØ vero che poi, con Guido Ballo, ho fatto a Brera la mia tesi proprio su Bepi Romagnoni con molto materiale e tutta unā€™intervista al loro gruppo. Del resto proprio Ballo mi diede un bel voto per la tesi perchĆ© ero riuscita a fotografare centinaia e centinaia di disegni di Romagnoni che stavano presso la Galleria Solaria.
Devo dire che sono davvero onorata di essere la prima donna artista a ricevere il vostro Premio. Oggi vedo che le cose stanno davvero cambiando, ma quando ho iniziato a frequentare lā€™ambiente artistico milanese, si era appunto alla metĆ  degli anni sessanta, la situazione era molto diversa e si faceva molta piĆ¹ fatica a farsi accettare e riconoscere da galleristi, critica, pubblico e persino dai colleghi.

Ci troviamo a parlare in questa tua casa-atelier, una sorta di fittissima ā€œcamera delle meraviglieā€ stracolma di mille oggetti, opere, fogli, immagini e piante piĆ¹ diverse. Cā€™ĆØ un rapporto tra il tuo modo di lavorare e lā€™aspetto cosƬ gremito degli spazi in cui vivi?
Certo. Sono una collezionista bulimica, e la mia casa ĆØ diventata davvero negli anni una Wunderkammer fitta fitta di ritrovamenti e scoperte. Se una cosa mi incuriosisce o mi interessa per qualche suo aspetto la raccolgo e la metto da parte, la disegno, la copio. Entra nel mio panorama. Forse da qui viene il bisogno di catalogare e archiviare ā€“ vedi per esempio il mio lavoro senza fine degli ā€œInventari del novecento con la mano sinistraā€ ā€“ per avere memoria delle cose che mi circondano. Ecco, proprio la memoria ĆØ uno dei dati della vita che piĆ¹ mi attira, mi coinvolge e mi occupa.

Per conoscerti meglio e, diciamo cosƬ, per inquadrarti da un punto di vista della poetica generale, ti consideri come pittrice piĆ¹ vicina a unā€™attenzione prevalente verso i contenuti o verso le forme?
Vi rispondo subito: verso la memoria. Come dicevo, ĆØ qualcosa che mi prende totalmente e che percorre ogni ragione del mio lavoro. La memoria della cultura, soprattutto quella del novecento appunto, alta e bassa e che dunque va, per dire, dai fumetti di Topolino alla storia di Pinocchio alle opere di Kazimir Malevich o alla Popart. Ecco, io raccolgo memoria di questi aspetti, faccio inventario, catalogazione. Insomma faccio registrazioni e collezioni che sono essenzialmente copie con la mano sinistra, raccolte di copie e dā€™aprĆØs.
Anche perchĆ© ā€œinventarioā€ ĆØ anche un poā€™ inventare…

PerchƩ con la mano sinistra? PerchƩ Malevich?
Copiare vuol dire anche ricostruire, e copiare con la mano sinistra, per me che non sono mancina, ĆØ stato ed ĆØ ancora un modo per scostarsi dallā€™imitazione pur seguendo la sostanza, un modo per entrare dentro, per interpretare.
Per la caritĆ , non ĆØ che copio soltantoā€¦ Nelle immagini cā€™ĆØ di tutto, cose che vedo e cose che penso. Guardate giĆ  ai titoli dei miei lavori, che nascono su una parete di 4 metri per 3 e si sviluppano a temi e serie. Il palcoscenico ĆØ un interno dove la luce viene dal lato destro e sulla parete scorre il tempo, dallā€™ombra alla luce. Ci potete trovare, per esempio, i Legni blu, Suoni e semi, Vasi e alberi, Il luogo della fata, lā€™Erbario dā€™oriente e lā€™Erbario dā€™autunno e via via negli anni le BiodiversitĆ , le Montagne, il Giardino delle Esperidi eccetera eccetera. Sono come dei cori, delle sequenze piĆ¹ diverse, allestimenti possibili dove io volo a vista, dove capisco guardando.
Sono come le figurine del mondo, un album di figurine a volte in senso drammatico, a volte in senso giocoso.
Disegno quasi sempre sopra qualcosā€™altro: pellicole, carta da musica, pagine di libro, registri, quaderni. ƈ un modo per dire che la memoria ĆØ una stratificazione. ƈ tante cose insieme.
Di Malevich, che giĆ  conoscevo e che ĆØ il mio grande amore, ho visto una volta un librone enorme al bookshop delle Stelline a Milano. Sono rimasta incantata, me lo sono comprato e ho cominciato a copiarlo, naturalmente con la mano sinistra, come un bambino che si impadronisce di qualcosa. Di lƬ sono cominciati gli Inventari.

Oltre a Malevich e alle avanguardie russe, chi sono gli artisti che ti hanno interessato?
Baselitz, Kiefer, Richter, Beuys ad esempio. Per me sono ā€œportatori dā€™animaā€, nel senso che le loro cose mi sembrano dense di memoria e di senso, sono nelle mie corde, mi toccano. Le loro opere mostrano di avere unā€™anima dentro, e sono capaci di fartela sentire. Per questo mi piace copiarli, mi piace rifarli a modo mio.
Lo so che ĆØ un discorso un poā€™ ambiguo ma se mi emoziono intensamente davanti a un bel paesaggio faccio bene a ritrarlo, a copiarlo, a farlo mio dentro a una mia immagine. PerchĆ© non posso fare lo stesso con unā€™opera di un artista che mi emoziona altrettanto fortemente?
Ad ogni modo sono molti gli artisti importanti, ma direi che piĆ¹ dellā€™arte ĆØ tutta la cultura del novecento che mi interessa, mi emoziona e mi prende.

E le donne nellā€™ambiente artistico?
Ora le cose sono molto cambiate, soprattutto per le giovani, anche se ci sono ancora parecchi condizionamenti. Ma ricordo quando ero agli inizi che la situazione, per le artiste donne, era difficile, era chiusa, povera di prospettive e di opportunitĆ . Le donne non avevano moneta di scambio, non avevano potere, e in un ambiente come il nostro, dove tutto va in qualche modo per amicizia ā€“ tu fai un favore a me e io faccio un favore a te ā€“ le donne avevano nulle o pochissime possibilitĆ  di agire e farsi valere. Anchā€™io avevo molta difficoltĆ . Che vantaggio potevano trovare i miei colleghi a chiamarmi, a farmi collaborare con loro, a invitarmi alle iniziative? Nessuno, perchĆ© io senza potere non avevo altri agganci, non avevo nulla con cui ricambiare, nulla da restituire. Ma oggi, appunto, le cose sono cambiate perchĆ© le artiste sono molto solidali tra loro e fanno gruppo, magari qualche volta perfino troppo. Rischiando qualche volta di autolimitarsi e di rinchiudersi in una specie di ghetto. Aveva senso quando non cā€™era lo stesso rispetto e lo stesso riconoscimento per il lavoro femminile da parte di un ambiente artistico quasi esclusivamente maschile, ma ora ā€“ ripeto ā€“ ĆØ diverso.

Ora che hai lā€™etĆ  per ricevere un premio alla carriera, che rapporto hai con i giovani artisti?
Beh, intanto ho insegnato per molti e molti anni al Liceo artistico, soprattutto qui a Milano al Boccioni. E quindi sono rimasta in costante contatto con i loro modi di pensare, con le loro vicende culturali, con la varietĆ  dei loro gusti e dei loro atteggiamenti. ƈ bello vedere, tra quelli che cominciano a frequentare non pensando che lā€™artistico sia un liceo meno impegnativo degli altri ma proprio per una loro vocazione, per una scelta confermata, come a poco a poco si accende in loro una vera passione per quello che imparano e che fanno.
La passione ĆØ una cosa importantissima, ĆØ forse la cosa piĆ¹ importante e decisiva dentro i nostri sentimenti, ti aiuta a vivere. E non soltanto per i giovani. Che sia la pittura, la musica, lo scrivere, ma anche lo sport o altre cose, avere una passione ĆØ fondamentale.
Forse da me gli allievi non imparavano tanto, ma ciĆ² che credo e spero ĆØ di avere operato per accendere in loro, appunto, una passione autentica, una passione del fare. Passione nel mettere giĆ¹ un colore sentito, nel disegnare la forma piĆ¹ adatta, nel trovare il segno giusto per il loro sentimento.
Del resto la passione ĆØ un sentimento che distingue soprattutto i giovani e, in particolare, specialmente i bambini. Io, per esempio, pesco molto dallā€™infanzia nel mio lavoro, la sento molto, ĆØ il momento piĆ¹ autentico e piĆ¹ intensamente libero dellā€™esperienza, e ci torno volentieri.
Potrei dire anchā€™io come Picasso che ci ho messo una vita a disegnare come i bambini!

FONTE: Francesco Gattuso Press Partners Communication.

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