Hanno messo ”tavole di legno alle finestre”, le hanno chiuse ermeticamente ”con lo scotch per evitare che le schegge di qualche ordigno” possano entrare in casa e hanno ”preparato l’auto”. Da quattro giorni sono pronti a partire per una località dell’Ucraina vicina al confine con la Polonia e l’Ungheria, top secret per motivi di sicurezza, ma ”i russi sparano a vista e al momento è ancora troppo pericoloso spostarsi”. Perché ”questa è una guerra civile” e ”i russi non colpiscono solo obiettivi militari come dicevano all’inizio, non è una guerra per denazificare. L’altro giorno hanno ucciso due persone alla fermata del pullman in campagna”. Lo racconta all’Adnkronos l’imprenditore bergamasco Nicola B., 46 anni e da tre in Ucraina dove vive insieme alla moglie e alla figlia di 9 anni. ”La facciamo dormire dietro a un muro portante della casa per proteggerla” e ”cerchiamo di tutelarla dalle informazioni sulla guerra, non vogliamo che le rimanga tutto questo”.
Intanto, però, la ricerca della via di fuga. ”Dnipro finora è stata, insieme a Leopoli, una delle città più sicure, ma ieri hanno bombardato l’aeroporto”, solo ”tre giorni fa hanno colpito una fabbrica di scarpe pensando fosse una fabbrica di carri armati, è morta una persona” e ”una mattina alle 6 mi sono svegliato con la casa che tremava”. Ma ”la strada che dovremmo fare noi” per arrivare ”vicino al confine con la Polonia e l’Ungheria è una strada di 1.500 chilometri. In Ucraina non ci sono le autostrade come in Italia e dovremmo stare in giro due notti perché alle 20 c’è il coprifuoco. Quindi dovremmo viaggiare dalle 7 del mattino alla sera 20, poi fermarci, stare al buio e ripartire”, spiega, aggiungendo che ”dovremmo essere sicuri di non trovare alcun militare russo sul nostro cammino”.
Mentre resta a Dnipro l’imprenditore e la sua famiglia preparano ”pasti e beni di prima necessità da mandare nelle città maggiormente colpite, dove c’è più bisogno. Per ora a Dnipro non mancano i viveri, c’è acqua, luce e gas, funziona abbastanza bene anche il collegamento a Internet”. Ma la guerra è guerra e ”l’altro giorno un mio amico pompiere mi ha mandato le fotografie dell’ospedale di Mariupol colpito. Della bambina morta. Ma come si fa a dire che sono fake news?”.
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