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Italiano bloccato a Kherson: ”Niente cibo e medicine, serve corridoio umanitario anche se è pericoloso”

(Adnkronos) - Centocinquanta persone in fila per acquistare patate, cipolle, aglio dagli agricoltori locali. E le farmacie che non hanno più medicine, ''quelle che servono a mia moglie per la tiroide non ci sono più''. L'unica soluzione sarebbe ''un corridoio umanitario che ci permetta di uscire da Kherson, direzione Moldavia'' o anche per ''andare in Crimea o in Russia. So che è una pazzia, ma da lì sarebbe più facile tornare in Italia. L'importante è uscire dall'Ucraina''. Giovanni Bruno è un marittimo di Pozzallo di 35 anni e all'Adnkronos spiega di essere bloccato a Kherson dallo scoppio della guerra.

Centocinquanta persone in fila per acquistare patate, cipolle, aglio dagli agricoltori locali. E le farmacie che non hanno più medicine, ”quelle che servono a mia moglie per la tiroide non ci sono più”. L’unica soluzione sarebbe ”un corridoio umanitario che ci permetta di uscire da Kherson, direzione Moldavia” o anche per ”andare in Crimea o in Russia. So che è una pazzia, ma da lì sarebbe più facile tornare in Italia. L’importante è uscire dall’Ucraina”. Giovanni Bruno è un marittimo di Pozzallo di 35 anni e all’Adnkronos spiega di essere bloccato a Kherson dallo scoppio della guerra.

”E’ dal 2014 che gli ucraini dicono che sarebbe scoppiata una guerra. Non ci credeva più nessuno. Così il 20 febbraio siamo venuti, con mia moglie e mia figlia di 22 mesi, a trovare i parenti”, spiega. Una visita trasformatasi in un incubo. ”La città è circondata dai militari, non ci fanno uscire e non fanno entrare nulla”, spiega.

”Ogni mattina usciamo in cerca di cibo. I supermercati hanno finito tutte le scorte, ci sono gli agricoltori che vengono con i camion a vendere i loro prodotti. File di 150 persone per comprare patate, cipolle, aglio. Qualche volta delle uova, un po’ di latte”, spiega. A scarseggiare anche quello di cui avrebbe bisogno una bambina di 22 mesi. ”I pannolini, ad esempio, per fortuna ne avevamo fatto una bella scorta, ma ormai stanno finendo”, spiega.

‘l’unica fortuna, se così si può dire, che città sotto controllo russo e non ci bombardano’

Nella tragedia, ”l’unica fortuna, se così si può chiamare, è che la città è stata presa dai russi e quindi non ci bombardano”. Nel frattempo è stata creata una ”chat di gruppo con gli italiani di Kherson e della zona. Siamo una quarantina in tutto nel gruppo tra italiani e familiari”. In questa chat, spiega Bruno, ”riceviamo aggiornamenti della Farnesina, ci tengono informati sulla possibilità di un corridoio umanitario”. Ipotesi al momento ancora ”troppo pericolosa” perché ”si combatte a Mylokaiv, sulla strada che potrebbe farci arrivare a Odessa e da lì in Moldavia”.

L’unica certezza, prosegue, è che ”ce ne dobbiamo andare. Lo dobbiamo fare per mettere in salvo la nostra bambina”. Dolorosa quella che si prospetta come la separazione con la famiglia della moglie di Bruno: ”Impossibile portare con noi i parenti ucraini. Mio suocero ha meno di 60 anni, per lui non c’è possibilità di andarsene”, spiega.

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