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Nunzio Kiev: “Fermare aggressione, non proponibile ora Croce portata coi russi”

(Adnkronos) - C’è una cittadina in Ucraina, "Borodjanka: pronuncio il nome e basta questo per piangere. Non sappiamo nemmeno quanti siano i morti. Per non parlare di Mariupol, città martire". Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kiev, da quasi 50 giorni ha davanti agli occhi il massacro. E parte da questa realtà incontrovertibile, causata dall’aggressione russa all’Ucraina, per commentare all’Adnkronos il coro di voci che non condividono il progetto della Santa Sede di fare portare la Croce ad una ucraina e ad una russa, insieme, nella Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo.

C’è una cittadina in Ucraina, “Borodjanka: pronuncio il nome e basta questo per piangere. Non sappiamo nemmeno quanti siano i morti. Per non parlare di Mariupol, città martire”. Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico a Kiev, da quasi 50 giorni ha davanti agli occhi il massacro. E parte da questa realtà incontrovertibile, causata dall’aggressione russa all’Ucraina, per commentare all’Adnkronos il coro di voci che non condividono il progetto della Santa Sede di fare portare la Croce ad una ucraina e ad una russa, insieme, nella Via Crucis al Colosseo, Venerdì Santo.

Il nunzio parla con l’unica intenzione di “costruire”. E sull’iniziativa osserva: “E’ bella, è necessaria, al cento per cento, ma non riesco a proporla agli ucraini nel momento preciso in cui la violenza incombe sulla testa”.

Il progetto di fare portare la Croce ad una russa e ad una ucraina insieme, insomma, rischia di rimanere una cosa di facciata, poco più di un buonismo? “Di fronte alle violenze che quotidianamente abbiamo negli occhi – osserva il nunzio a Kiev – oggi è il momento soprattutto di piangere sotto la croce e di invocare dal Signore il perdono a tutta l’umanità e di concederci la pace”.

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