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4 gradi oltre la media stagionale, il Mediterraneo è sempre più caldo

I primi dati del progetto europeo CAREHeat mostrano una persistente ondata di calore che ha causato un preoccupante innalzamento della tempe...

Allarme-Mediterraneo-bollente-(26-Giugno)-inIl Mediterraneo è bollente: un’ondata di calore anomalo dal 10 maggio ha colpito il nostro mare, portando la temperatura della superficie marina circa 4° C oltre la media del periodo 1985-2005, con picchi addirittura superiori a 23°. I valori sono paragonabili a quelli legati all’anomalia termica dell’estate 2003. È quanto emerge dai primi risultati diffusi dai ricercatori del progetto CAREHeat (deteCtion and threAts of maRinE Heat waves), finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea, al quale partecipano per l’Italia l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Risultati simili a quelli raggiunti dai ricercatori del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) elaborando i dati satellitari del programma europeo Copernicus Marine Service, che registra in tempo quasi reale la temperatura della superficie marina. L’allarme riguarda le temperature rilevate nel Mar Ligure e nel Golfo di Taranto, che sono di quasi 5° C sopra la media.

Ma cosa si intende per ondate di calore? «Si tratta di situazioni in cui la differenza tra la temperatura superficiale del mare misurata e il valore climatologico, ovvero atteso per quella particolare regione in quello specifico periodo dell’anno, supera una soglia critica per almeno 5 giorni in un’area sufficientemente ampia di mare» spiega Salvatore Marullo di ENEA.

L’obiettivo del progetto CAREHeat è quello di sviluppare nuove metodologie per identificare le ondate di calore marino, imparare a prevederle, comprenderne la propagazione e valutarne gli impatti su ambiente, biodiversità e attività economiche, come la pesca e l’acquacoltura. «Capire costa sta succedendo al clima attuale è sempre più importante perché i cambiamenti iniziano ad incidere concretamente sulla vita di tutti i giorni» afferma Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio di Modellistica climatica e impatti di ENEA. «Quindi è opportuno definire quantitativamente i fenomeni in corso – aggiunge– per capirne le cause e prevederne gli sviluppi, focalizzandosi sugli oceani che ricoprono circa il 70% della superficie terrestre».

Quello delle ondate di calore marino è infatti un fenomeno meno conosciuto rispetto alle ondate di calore che si verificano in atmosfera, oggetto di studio da appena una decina d’anni. Il nesso con il cambiamento climatico di origine antropica è ancora da approfondire, ma nel 2018 uno studio pubblicato sulla rivista Nature da un gruppo di ricercatori dell’Università di Berna ha affermato che l’87% delle ondate di calore marino che si sono verificate nel mondo tra il 1982 e il 2016 è attribuibile all’effetto serra. Certo è che negli ultimi anni la frequenza, l’intensità e la durata di queste ondate sono aumentate a livello globale, non solo nel Mediterraneo ma anche nel Pacifico settentrionale e al largo dell’Australia. E questi cambiamenti potrebbero a loro volta innescare altri eventi climatici estremi: più il mare si scalda e meno riesce a svolgere la sua importante funzione di termoregolazione, con il rischio di facilitare lo sviluppo di strutture cicloniche con caratteristiche simili a quelle dei cicloni tropicali, i cosiddetti Medicanes o uragani mediterranei.

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