A quasi 2000 anni dall’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. distrusse gran parte del territorio di Pompei e delle cittĆ circostanti, un team internazionale di ricercatori ha analizzato nuovamente l’evento per offrire un piano esaustivo dello stato dell’arte sulle conoscenze dell’eruzione piĆ¹ famosa della storia, partendo dalla sua datazione, che uno studio di alcuni anni fa ha posticipato di alcuni mesi, da agosto a ottobre. L’integrazione tra lo studio sul campo, le analisi in laboratorio e la rilettura delle fonti storiche ha consentito di seguire temporalmente tutte le fasi dell’eruzione, dalla camera magmatica fino alla deposizione della cenere in aree lontanissime dal Vesuvio, trovandone traccia fino in Grecia.
Lo studio “The A.D. 79 eruption of Vesuvius: a lesson from the past and the need of multidisciplinary approaches for developments in volcanology”, recentemente pubblicato sulla rivista “Earth Science Reviews”, ĆØ stato condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) in collaborazione con il Centro Interdipartimentale per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (Cirsec) e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’UniversitĆ di Pisa, l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Igag-Cnr), il Laboratoire Magmas et Volcans di Clermont-Ferrand (Lmv) in Francia e la School of Engineering and Physical Sciences (EPS) della Heriot-Watt University di Edimburgo nel Regno Unito. La ricerca ĆØ stata realizzata nell’ambito del progetto di ricerca “Pianeta Dinamico” finanziato dall’Ingv.
Il team di ricercatori pluridisciplinari ha raccolto e analizzato criticamente la vasta produzione scientifica disponibile sullāeruzione, integrandola con nuove ricerche.
“Il nostro lavoro esamina con un approccio ampio e multidisciplinare diversi aspetti dellāeruzione del 79 d.C., integrando dati storici, stratigrafici, sedimentologici, petrologici, geofisici, paleoclimatici e di modellazione dei processi magmatici ed eruttivi di uno degli eventi piĆ¹ famosi e devastanti che hanno interessato lāarea vulcanica napoletana ā spiega Mauro A. Di Vito, vulcanologo dell’Ingv e coordinatore dello studio – L’articolo parte dalla ridefinizione della data dellāeruzione, che sarebbe avvenuta nellāautunno del 79 d.C. e non il 24 agosto come si ĆØ ipotizzato in passato, e prosegue con lāanalisi vulcanologica di siti in prossimitĆ del vulcano per poi spostarsi progressivamente fino a migliaia di chilometri di distanza, dove sono state ritrovate tracce dellāeruzione sotto forma di ceneri fini”.
“Fin dal XIII secolo, la data del 24 agosto ĆØ stata oggetto di dibattito fra storici, archeologi e geologi perchĆ© incongruente con numerose evidenze, come ad esempio i ritrovamenti a Pompei di frutta tipicamente autunnale o le tuniche pesanti indossate dagli abitanti che mal si conciliavano con la data del 24-25 agosto – spiega Biagio Giaccio, ricercatore dell’Igag-Cnr e coautore dellāarticolo. La prova definitiva dellāinesattezza della data ĆØ perĆ² emersa solo pochi anni fa: āUnāiscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei che tradotta cita ‘Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato’, indicando che lāeruzione avvenne certamente dopo il 17 ottobre”, aggiunge Giaccio. La data piĆ¹ accreditata ĆØ, quindi, quella del 24-25 ottobre.
La ricerca ĆØ stata poi integrata dalla valutazione quantitativa dellāimpatto delle singole fasi dellāeruzione sulle aree e sui siti archeologici vicini al vulcano.
“Lo spirito del nostro lavoro ĆØ stato quello di comprendere come un evento del passato possa rappresentare una finestra sul futuro, aprendo nuove prospettive per lo studio di eventi simili che potranno verificarsi un domani ā prosegue Domenico Doronzo, vulcanologo dell’Ingv e coautore della ricerca ā Questo studio, quindi, consentirĆ di migliorare lāapplicabilitĆ di modelli previsionali, dai fenomeni precursori allāimpatto dei vari processi eruttivi e deposizionali, ma potrĆ anche contribuire a ridurre la vulnerabilitĆ delle aree e delle numerose infrastrutture esposte al rischio vulcanico, non solo in prossimitĆ del vulcano, ma – come ci insegna questo evento – anche a distanza di centinaia di chilometri da esso”.
“Negli ultimi anni ĆØ diventato sempre piĆ¹ importante comprendere lāimpatto delle eruzioni sul clima anche per poter studiare lāorigine e lāimpatto di alcune variazioni climatiche brevi. Tuttavia, non conosciamo ancora molto – e con la risoluzione adeguata – delle condizioni climatiche al tempo dellāeruzione del 79 d.C.”, commenta Gianni Zanchetta dellāUniversitĆ di Pisa e coautore della ricerca.
“In questo lavoro abbiamo cercato di mettere insieme le conoscenze sulle condizioni climatiche regionali al tempo dellāeruzione per tentare una prima sintesi, anche per indirizzare le ricerche future su questo aspetto che ha ancora molti lati oscuri”, aggiunge Monica Bini dellāUniversitĆ di Pisa.
I risultati di questo studio hanno ricevuto l’apprezzamento di autentiche icone della vulcanologia mondiale come Raymond Cas, professore emerito presso la School of Earth Atmosphere and Environment della Monash University (Australia), “L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ĆØ una delle piĆ¹ iconiche nel campo della vulcanologia fisica ā dice il noto ricercatore australiano ā Le osservazioni su questa eruzione, cosƬ come gli innumerevoli studi sui depositi e l’interpretazione dei processi eruttivi, sono alla base di molti dei concetti e della comprensione dei meccanismi delle eruzioni esplosive nella moderna vulcanologia. Una revisione di ciĆ² che si sa sull’eruzione e sui suoi depositi ĆØ quindi molto importante per i vulcanologi e giustifica un documento completo e articolato, come questo articolo. Agli autori vanno fatte senzāaltro le congratulazioni per i dettagli estremamente completi, estratti dall’enorme documentazione storica e dalla letteratura scientifica contemporanea su questa iconica eruzione”.
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