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Da Wartsila a Whirlpool, 70 tavoli di crisi all’ombra di incognita governo

(Adnkronos) - Da Wartsila a Whirlpool sono circa 70 i tavoli di crisi industriali che rischiano di segnare il passo all'ombra delle fibrillazioni di governo dal percorso all'apparenza ineluttabile. Crisi che coinvolgono non solo territori dal futuro incerto nonostante un manufatturiero di valore ma anche centinaia di migliaia di lavoratori tra cig ed esuberi. Automotive, siderurgia e tlc i principali settori già sotto stress da tempo, complice la pandemia, ma oggi messi ancora più sotto pressione dalla transizione energetica, dagli alti costi dell’energia e dalla guerra in Ucraina.

Da Wartsila a Whirlpool sono circa 70 i tavoli di crisi industriali che rischiano di segnare il passo all’ombra delle fibrillazioni di governo dal percorso all’apparenza ineluttabile. Crisi che coinvolgono non solo territori dal futuro incerto nonostante un manufatturiero di valore ma anche centinaia di migliaia di lavoratori tra cig ed esuberi. Automotive, siderurgia e tlc i principali settori già sotto stress da tempo, complice la pandemia, ma oggi messi ancora più sotto pressione dalla transizione energetica, dagli alti costi dell’energia e dalla guerra in Ucraina.

L’ultima arrivata tra le crisi numericamente più rilevanti e in ordine di tempo è proprio quella della multinazionale finlandese Wartsila, produttore di motori diesel, che in mattinata ha annunciato a Fim Fiom e Uilm la chiusura del sito di Trieste per la produzione di motori per navi da crociera. Uno stop accompagnato dall’avvio della procedura di licenziamento collettivo per 451 lavoratori, il 40% del totale dei dipendenti italiani e la metà di quelli localizzati a Trieste. Sindacati già sul piede di guerra ma “sorpreso e irritato” anche il ministro dello sviluppo, Giancarlo Giorgetti, che, nonostante i venti di burrasca politica, annuncia l’imminente convocazione del gruppo per chiarimenti urgenti.

Ma a rischiare lo stand by anche vertenze quasi ‘storiche’, come quella che coinvolge lo stabilimento di Napoli della Whirlpool (300 lavoratori), chiuso dalla multinazionale americana il 31 ottobre del 2020 e oggi alle prese con un difficile rilancio da parte di un Consorzio per la reindustrailizzazione del sito, sostenuto da Invitalia e guidato da Adler, per la creazione di un polo per la mobilità sostenibile ma che sembra vivere un momento di difficoltà. Stessa situazione per il gruppo Blutec (1.100 addetti), in amministrazione straordinaria che ha già visto un ampio utilizzo di ammortizzatori sociali e di prepensionamenti. I diversi asset sono stati posti in vendita, ma il successo dell’operazione appare davvero parziale: una soluzione sembra profilarsi solo per alcuni rami d’azienda; per gli altri non arrivano offerte o l’eventuale riassorbimento dei lavoratori non corrisponde alle aspettative.

E ancora per la Bosch di Bari (1.700 lavoratori) , dove vengono usati ammortizzatori sociali e contratti di solidarietà per i quali oggi Fim Fiom, Uilm e Uglm hanno chiesto proprio oggi “formali garanzie” di continuità al governo e assicurazioni concrete all’azienda sul mantenimento del gruppo in territorio pugliese. Già fissati in agenda al Mise per luglio anche altri tavoli mediaticamente noti: da Prysmian che vede a rischio circa 300 lavoratori a Salerno e la Flextronics Manifacturing (570 addetti) di Trieste: la prima, attiva nella fibra ottica, è sottoposta alla forte concorrenza cinese; la seconda, impegnata in una difficile riorganizzazione delle produzioni, ha avviato i contratti di solidarietà e non esclude riduzioni di personale. Se ne dovrebbe comunque parlare il 22 luglio al Mise che il 19 invece dovrebbe riunire il tavolo Qf, ex Gkn Driveline 370 lavoratori di Campi Bisenzio che dovrebbe ‘chiudere’ la riconversione industriale annunciata dalla nuova proprietà, entro fine luglio. Zona Cesarini dunque per una nuova ‘alleanza’ con altri gruppi con cui far ripartire il sito ma anche il territorio che però al momento non appare così certa.

E ancora quella che i sindacati definiscono la ‘madre di tutte le vertenze’: l’ex gruppo Ilva, oggi Acciaierie d’Italia (10.600 addetti) il cui tavolo è stato convocato per il 26 luglio prossimo. Una vertenza lunghissima approdata nell’aprile del 2021 ad un accordo tra Stato e Arcelor Mittal per una nuova società pubblico-privata il cui piano industriale prevedeva la completa decarbonizzazione di Taranto entro dieci anni e il ritorno alla piena occupazione a fine 2025: attualmente, però, sono circa 3 mila i lavoratori in cassa integrazione e 1.700 quelli in cigs di Ilva in amministrazione straordinaria. I sindacati accusano sostanzialmente il governo di ‘immobilismo’ e l’azienda di aver mancato il timing di ritorno alla produzione previsto dal piano. Il 31 maggio scorso il governo ha deciso lo slittamento dell’ingresso dello Stato al 60% al 2024. (Alessandra Testorio)

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