Skip to content

La explorer Martina Capriotti

Sfida all’inquinamento da microplastiche.

martina-capriotti-2_1
Martina Capriotti

Martina Capriotti, biologa marina, ecotossicologa ed esperta di inquinamento acquatico, sfida, tra ricerca e sperimentazione, gli inquinanti rilasciati dalle microplastiche nei mari e negli oceani.

Martina Capriotti ha vinto la borsa di studio di National Geographic e Sky Ocean Rescue studiando l’inquinamento da microplastiche unito alla contaminazione chimica nel Mare Adriatico con l’obiettivo di dimostrarne la pericolosità per l’ambiente e per la salute dell’uomo. Le microplastiche sono particelle di plastica di dimensioni inferiori ai 5mm e si trovano ovunque proprio perché facilmente trasportabili, trasferibili, ingeribili e respirabili: sulla superficie dell’acqua, nella colonna d’acqua, nel sedimento, nell’apparato digerente della maggior parte degli organismi marini e persino nell’aria. Il problema più grave è causato proprio dall’ingestione e negli animali torna nel ciclo della catena alimentare e nell’ambiente. La conformazione di un mare predispone lo stesso all’inquinamento delle microplastiche, ad esempio il nostro mare Adriatico è molto vulnerabile per via delle sue caratteristiche morfologiche: bacino semi-chiuso con ricircolo dell’acqua limitato anche a causa della bassa profondità e alle coste molto abitate e frequentate dall’uomo. Il numero dei fiumi che sfociano nell’Adriatico porta alla raccolta di plastiche, come si diceva all’inizio e alla dispersione di esse nel mare.

La Capriotti parla di uno studio che ha dimostrato la capacità delle microplastiche più piccole di essere assorbite dall’intestino durante la digestione. “Altro impatto, che tra l’altro è oggetto del mio studio, è la loro capacità di agire come vettori di contaminanti chimici. Quando le microplastiche vengono ingerite portano con sé queste molecole tossiche rendendole disponibili all’animale di cui se ne nutre. Nonostante la ricerca sulle microplastiche sia attiva da diversi anni, rimangono ancora ampi i vuoti di conoscenza relativi all’associazione ai contaminanti chimici. Ecco perché ho deciso di studiarne il meccanismo”, spiega la Capriotti.. Lo scopo del Progetto NATGEO è quello di identificare molecole tossiche che abbiano la capacità di aderire alla superficie delle microplastiche e di verificare l’azione ormonale. E’ stato scoperto che le microplastiche possono essere considerate trasportatori delle molecole tossiche che, se ingerite, possono portare al loro assorbimento intestinale. La Capriotti spiega che “L’equilibrio ormonale è fondamentale per il corretto funzionamento di un organismo. Tra i contaminanti ambientali (es. idrocarburi policiclici aromatici IPA, bifenili policlorurati PCB, diossine, pesticidi, ftalati, etc…) ci sono alcuni composti denominati interferenti endocrini, in quanto hanno una struttura chimica simile a quella degli ormoni (sia animali, sia umani) che determina un’interazione con i recettori degli ormoni endogeni, cioè prodotti naturalmente dall’organismo. Come conseguenza si possono osservare disequilibri ormonali, disordini fisiologici. L’organismo si stressa e si ammala. Ci sono vari sistemi ormonali che possono essere interessati da questi contaminanti. Un meccanismo di mio interesse durante gli anni di ricerca è quello legato agli xenoestrogeni, inquinanti che mimano l’azione degli estrogeni, gli ormoni sessuali femminili, portando di conseguenza a disordini nella sfera riproduttiva.”

FONTE: https://www.nationalgeographic.it/ambiente/2019/12/intervista-a-martina-capriotti-la-national-geographic-explorer-che-sfida-linquinamento-da-microplastiche

© 2006 - 2024 Pressitalia.net by StudioEMME