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Rammstein esplosivi, a Torino suona il grande metal

(Adnkronos) - Tra fiamme alte e chitarre martellanti, oltre due ore di show per il tour di ‘Zeit’

Piromane, ‘cuoco’, sessualmente esplicito e persino sadico. Sì può dire tutto di Till Lindemann, leader dei Rammstein. Tranne che non sia, insieme alla sua band, il simbolo contemporaneo dell’industrial metal. Un genere considerato tradizionalmente indigesto alle grandi masse ma che la band tedesca ha saputo rendere popolare. Ne è prova l’impressionante serie di sold out in tutte le arene del tour di ‘Zeit’, ottavo album in studio, in vetta alle classifiche europee. E ne è la prova il pubblico dello Stadio Olimpico di Torino, che dopo due anni di rinvii causa Covid, è tornato finalmente a godere di oltre due ore di show puro, tra scenografie cinematografiche e suoni martellanti.

Chi li conosce sa di che pasta sono fatti i Rammstein, band di ferro, che nonostante l’ostacolo rappresentato dalla lingua tedesca sa trascinare il pubblico con il suo incedere marziale a suon di chitarre granitiche e performance – letteralmente – incendiarie. A Torino sono passate da poco le 21 quando le prime note, quelle di ‘Armee der Tristen’, rimbombano nello stadio, su un enorme palco che ricorda nelle fattezze un ibrido tra ‘Metropolis’ di Fritz Lang e un edificio brutalista della Germania dell’Est. I fari di luci sul pubblico, la bandiera italiana proiettata sul maxi schermo. ”Buonasera Torino” dice Lindemann. Si comincia.

Potenza e precisione. Suono durissimo ma accessibile. Come ‘Zick Zack’, ironico singolo dell’ultimo album che irride gli orrori della chirurgia estetica. Till e soci sul palco non si risparmiano. Ognuno ha un ruolo ben preciso, tra pose da rockstar e intrattenimento teatrale: Lindemann dirige, Christian ‘Doctor Flake’ Lorenz, spalla principale, esegue, nei panni di ‘vittima sacrificale’ dei suoi crudeli giochi. Lorenz non sta fermo un attimo, ha un tapis roulant per correre anche mentre suona. Richard Kruspe alla chitarra solista, Paul Landers a quella ritmica, Oliver Riedel al basso e Christoph Schneider alla batteria: che lo spettacolo abbia inizio.

Parte ‘Links 2-3-4’ e lo stadio diventa un ritmico battere di mani. Tutti cantano, ballano e si muovono marciando sul tanz metall, connubio tra sonorità metal ed elettroniche alla Rammstein maniera. ‘Sehnsucht’, ‘Zeig dich’ ed ‘Heirate mich’ sono un’esplosione di fuoco e fiamme, ‘Deutschland’ fa tremare il pubblico con la band che mima il krautrock indossando tutine luminose. Ogni pezzo è massiccio, epico. Per ‘Puppe’ entra in scena una gigantesca carrozzina di metallo che viene poi incendiata.

‘Mein Teil’ è uno spettacolo nello spettacolo. Come da copione, Till Lindemann diventa un cuoco horror, grembiule da macellaio, coltellaccio e lanciafiamme, cala nel pentolone il tastierista per cuocerlo a puntino. Ma è solo l’inizio del loro show granguignolesco. Su ‘Du hast’, primo grande successo della band, Lindemann non si risparmia tra roghi ed esplosioni continue. Poi il crescendo con ‘Sonne’, ‘Engel’, ‘Ausländer’ e ‘Du riechst so gut’. Il palco sembra prendere fuoco. A livello scenico non esistono eguali al mondo. Il gran finale con ‘Pussy’ e la famigerata cavalcata di Lindemann sul cannone fallico che inonda le prime file del pubblico di schiuma, poi ‘Rammstein’, ‘Ich will’ e ‘Adieu’ fanno il resto.

Crudi e diretti, nei live dei Rammstein non c’è trucco e non c’è inganno e i fan lo sanno. C’è chi ha dormito in tenda davanti allo stadio, chi ha attraversato mari, preso voli e treni, guidato per migliaia di chilometri pur di non perderli. Incredibile, vero? Come dice un seguace storico alla fine del concerto: ”Ne vale sempre la pena”. Provare per credere. (di Federica Mochi)

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