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Il metodo tradizionale della messa a risposo delle uve in Valpolicella

Candidato a patrimonio immateriale dell’Unesco.

inIl Consorzio per la Tutela dei Vini della Valpolicella ha maturato l’idea di candidare la tecnica della messa a riposo delle uve a patrimonio immateriale dell’umanità.

Questa antica tecnica consiste in un lento appassimento delle uve che, appena raccolte, sono poste sulle arele, “graticci di canna di palude” Metodologia che rispecchia l’evoluzione culturale di questo territorio e delle sue genti e le sue vocazioni storiche. Le realtà locali, al fine di salvaguardare questa preziosa tradizione e di assicurare la trasmissione delle relative conoscenze alle nuove generazioni, hanno costituito un Comitato Promotore e hanno avviato il percorso di candidatura dell’elemento nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale della Convenzione Unesco del 2003.

Il Comitato Promotore della candidatura a patrimonio culturale immateriale, è portavoce del Consorzio per la Tutela dei Vini della Valpolicella, oltre che della comunità della Confraternita Snodar, del Palio del Recioto, dell’Università degli Studi di Verona, della Fondazione Valpolicella, della Strada del Vino Valpolicella e dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona.

È un’organizzazione deputata ad animare il territorio e sensibilizzare i cittadini sul tema dell’appassimento, raccogliendo testimonianze e documentazione storica a comprova delle antiche radici su cui si basa tale tecnica. Tale tecnica di lavorazione dell’uva, qualifica in modo univoco il vino prodotto nel territorio della Denominazione. L’appassimento delle uve è un processo di trasformazione fortemente identitario della Valpolicella, tramandato sin dall’epoca romana, di generazione in generazione, oggi strettamente interconnesso al tessuto sociale e culturale di questo territorio.

La tecnica dell’appassimento in Valpolicella ha una storia antica come la vite: già nel 580 d.C., Cassiodoro, consigliere del re ostrogoto Teodorico, descrive in una lettera al re la tecnica di appassimento della Valpolicella, spiegandone le ritualità e le connessioni con la comunità. Si tratta di un elemento culturale che rispecchia la storia sociale, politica, economica, di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione. Quando nella seconda metà del 1200 i nuovi “sovrani” volevano ridimensionare questo territorio, la prima decisione fu quella di adottare uno “statuto” per vietare la tecnica di appassimento (ci si riferisce allo “statuto” del 1276 di Alberto della Scala).

Questa tecnica si è evoluta nel tempo subendo anche gli effetti dei cambiamenti climatici come già rilevava il letterato Benedetto Del Bene nel 1791 nel suo studio “Sopra una nuova maniera di fare il vino” quando, descrivendo la tecnica e la sua connessione con la società della Valpolicella, sottolineava gli effetti climatici, e dei suoi mutamenti, sulla stessa tradizione.

La tecnica dell’appassimento delle uve, lungi dall’essere solo uno strumento indispensabile per la produzione di un vino di qualità, rappresenta, da oltre 1500 anni, la comunità della Valpolicella tanto che vi è una totale identificazione tra tale tecnica e il territorio. Non è un caso che molte siano le leggende, le storie popolari, le ritualità, i modi di dire dialettali, le feste popolari come il Palio del Recioto che si svolge durante il periodo pasquale, che richiamano la tecnica dell’appassimento o si fondano su essa.

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