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Vino, enoturismo

La Rivincita di Montalcino: Brunello Motore intera economia, nel rispetto dell’ambiente.

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Fabrizio Bindocci, presidente Consorzio del vino Brunello di Montalcino

La scorsa estate Montalcino è tornata a essere il feudo globale dell’enoturismo; dopo 3 anni di assenza forzata tornano gli storici frequentatori delle cantine a Montalcino. Enoappassionati da tutto il mondo arrivati in “pellegrinaggio” al Brunello per poi scoprire che qui il vino non è l’unico elemento a fare la differenza. Montalcino è paesaggio Unesco della Val d’Orcia, biodiversità, agricoltura, stile di vita: la prova che esiste un enoturismo di qualità, alto-spendente, culturalmente esigente. Il vino può rappresentare il motore dell’economia di un intero territorio nel rispetto dell’ambiente”.
Da maggio ad agosto non si era mai vista un’affluenza così elevata e allo stesso tempo di qualità. Merito del grande ritorno di americani, brasiliani, inglesi, canadesi, australiani, quelli che prima della pandemia erano gli habitué storici di Montalcino. Il risultato, per un’area rurale che conta una struttura ricettiva ogni 35 abitanti e dove non manca certo lo spazio, è da record: circa 120mila presenze con pernottamenti in 4 mesi, addirittura il 20% in più rispetto al pre-Covid del 2019 e un incremento dell’87% delle presenze straniere al confronto con il 2021, quando gli arrivi italiani avevano tenuto in vita l’ospitalità enoturistica. Quest’anno il nuovo switch ci riporta alla definitiva normalità, con gli stranieri da circa 60 nazioni che tornano a rappresentare quasi il 70% del totale ospiti negli alberghi del borgo, negli agriturismi, nelle cantine e nei relais delle aziende vitivinicole, nelle enoteche, nelle fiaschetterie e – dallo scorso anno – nel museo “Tempio del Brunello”,  che   si   è   appena   aggiudicato   il   premio   innovazione   di   Tiqets, la   piattaforma   di prenotazione online leader a livello mondiale per musei e attrazioni.
Dai dati provvisori – osserva il Consorzio – i pesi degli arrivi sembrano essere tornati agli assetti pre-pandemici, con i  big  spender  –  in crescita  dai   Paesi  terzi  –  che   erano  ovviamente  gli statunitensi, primo mercato estero per le vendite di Brunello di Montalcino, ma anche brasiliani e canadesi, oltre ai più vicini tedeschi e inglesi, con   una   crescita   dell’incidenza   di   ospiti   dell’Unione   europea   e   un   calo   degli   italiani,   che
rappresentano 1/3 della domanda ma che nel 2020 erano arrivati a 70%.​
A Montalcino è di 3.500 la superficie di vigneto iscritta a Doc e Docg con 2.100 ettari a Brunello, un valore quest’ultimo volutamente rimasto lo stesso da 25 anni. Ciò che non cambia sono anche gli ettari di bosco: dei 31 mila ettari del comprensorio, circa la metà sono infatti di bosco, con il 10% a oliveti e solo per il 15% dalle vigne, poi pascoli, seminativi e altre colture. La comunità agricola è tra le più ricche al mondo e tra le più virtuose a livello nazionale.
La denominazione Brunello di Montalcino, continua a girare oltre le attese a prescindere dai ranking delle annate, grazie a un brand collettivo sempre più riconosciuto e apprezzato nel mondo. Ciò detto, la difficile fase congiunturale che ci attende nel breve e medio periodo ci impone massima attenzione: il Fondo monetario internazionale prevede una fase recessiva nel 2023 per l’Italia e la Germania e anche negli Usa le recenti prospettive al ribasso per i prodotti super-premium analizzate da Rabobank suonano come campanelli di allarme da non trascurare.

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