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Rapporto CittàClima 2022

Legambiente fotografa gli effetti del cambiamento climatico sulle città italiane negli ultimi tredici anni.

Troppi fondi destinati alla gestione delle emergenze piuttosto che alla prevenzione. Necessaria e urgente l’adozione di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

Rapporto-Cittàclima-2022-(20-Novembre)-inLa crisi climatica accelera la sua corsa, con eventi atmosferici estremi sempre più gravi e sempre più frequenti che colpiscono i Paesi di tutto il mondo, compresa l’Italia. Un’analisi approfondita di questi fenomeni è contenuta nell’edizione 2022 del rapporto dell’Osservatorio CittàClima, realizzato da Legambiente con il contributo del Gruppo Unipol.

La fotografia scattata dai ricercatori è tutt’altro che positiva: negli ultimi tredici anni, tra il 2010 e il 31 ottobre 2022, sono stati registrati 1503 fenomeni metereologici estremi (254 solo nei primi dieci mesi dell’anno in corso), 780 Comuni colpiti e 279 vittime. Su 1503 eventi estremi, ben 768 sono casi di allagamenti causati da piogge intense, grandinate ed esondazioni, mentre 387 sono casi di danni causati da trombe d’aria.

La Regione più colpita risulta essere la Sicilia, seguita da Lombardia, Lazio, Puglia e Emilia-Romagna. Sono soprattutto le grandi città a trovarsi in difficoltà: le aree urbane più colpite in questi tredici anni sono Roma, dove si sono verificati 66 eventi, di cui ben 39 hanno riguardato allagamenti a seguito di piogge intense; Bari, con 42; Agrigento, con 32; e infine Milano, con 30 casi, di cui almeno 20 esondazioni dei fiumi Seveso e Lambro.

Il rapporto è stato pubblicato il 18 novembre, data non casuale perché coincide con la chiusura della COP27 in Egitto, il vertice delle Nazioni Unite sul clima. La scelta è motivata dalla volontà di Legambiente di lanciare un duplice appello: se da un lato è fondamentale che si arrivi ad un accordo internazionale ambizioso, che tenga conto della necessità di aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altro lato è necessario che ogni Stato faccia la sua parte a livello nazionale.

I Paesi europei che si sono dotati di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici sono ormai 24, ma tra questi non figura l’Italia: la bozza è ferma dal 2018, mentre il Paese continua a spendere miliardi per gestire le emergenze meteoclimatiche. Secondo i dati rielaborati da Legambiente, tra maggio 2013 e maggio 2022 l’Italia ha speso ben 13,3 miliardi di euro in fondi per la gestione degli eventi metereologici estremi, pari ad una media di 1,48 miliardi di euro all’anno: ciò significa che le spese di ricostruzione e riparazione dei danni sono quattro volte superiori a quelle stanziate per la prevenzione. Guardando infatti alla spesa realizzata in questi anni per finanziare interventi di messa in sicurezza e prevenzione, emerge che da 1999 al 2022 sono stati avviati 9961 interventi per mitigare il rischio idrogeologico, per un totale di 9,5 miliardi di euro in ventitré anni, pari ad una media di 400 milioni di euro all’anno.

In assenza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, sono le singole città ad attivarsi per prevenire piuttosto che rincorrere le emergenze. Tra gli esempi più virtuosi, si possono citare Milano, con il suo Piano Aria e Clima, volto a ridurre l’inquinamento atmosferico; Genova, con il suo Action Plan 2050, un pacchetto di azioni per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e promuovere la sostenibilità ambientale; e infine Perugia, che si avvale del GIS (Geographic Information System) per acquisire e analizzare i dati, allo scopo di monitorare in tempo reale i fenomeni atmosferici e pianificare in maniera efficace la gestione del territorio.

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