ROMA – Un team di ricerca dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Cnr-Ino) e dell’Università di Firenze (Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non lineare e Dipartimento di Fisica), in collaborazione con studiosi e studiose dell’Università di Trieste nonché dell’Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Ulsan in Corea del Sud e del Dipartimento di Fisica dell’Università dei Paesi Baschi ha realizzato un innovativo esperimento con un simulatore quantistico che ha permesso di fare luce su uno dei più affascinanti e complessi fenomeni della fisica: la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz, un fenomeno fluidodinamico che gioca un ruolo fondamentale nell’insorgere della turbolenza.
L’esperimento, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Physics, ha permesso di riprodurre le dinamiche di interazione tra due superfluidi di atomi ultrafreddi di litio (raffreddati cioè a temperature prossime allo zero assoluto, ovvero -273°C) grazie a un simulatore quantistico atomico, un dispositivo progettato per studiare e simulare fenomeni quantistici della materia in maniera estremamente controllata. Per la prima volta, è stato testato l’utilizzo di tali dispositivi per lo studio di fenomeni fluidodinamici in condizioni estreme, che risultano estremamente difficili da studiare attraverso convenzionali tecniche numeriche.
“Abbiamo preparato e messo in contatto due anelli superfluidi concentrici e contro-rotanti, una configurazione che in fluidi classici darebbe luogo all’instabilità di Kelvin-Helmholtz”, racconta Diego Hernandez Rajkov, associato al Cnr-Ino e dottorando del Laboratorio LENS dell’Università degli studi di Firenze. “Quindi, abbiamo osservato la formazione di un anello di vortici quantizzati che gradualmente perde stabilità, e frammentandosi dà origine a una dinamica complessa, in cui i vortici interagiscono e disturbano il flusso superfluido sottostante, influenzandosi a vicenda. Attraverso l’osservazione del moto dei vortici, siamo stati in grado di identificare le leggi di scala alla base di questo fenomeno, riscontrando una coerenza con le leggi dell’instabilità di Kelvin-Helmholtz”.
Il fenomeno noto in fisica come instabilità di Kelvin-Helmholtz deve il suo nome ai due studiosi Lord Kelvin e Hermann von Helmholtz, che alla fine del XIX secolo osservarono come fluidi di diversa densità e messi in moto relativo siano soggetti a perturbazioni di tipo ondoso alla loro interfaccia, che evolvono rapidamente in strutture vorticose di grandi dimensioni. Si tratta di un fenomeno e ampiamente diffuso, dall’atmosfera all’oceano alle nuvole – si pensi alle particolari formazioni nuvolose che assomigliano a grandi cavalloni, conosciute come “nuvole di Kelvin-Helmholtz”- e persino in contesti astrofisici, come nelle atmosfere stellari o nelle nebulose. E’ inoltre uno dei principali meccanismi attraverso il quale il moto di un fluido diventa turbolento, ovvero irregolare e caotico.
Francesco Marino, primo ricercatore del Cnr-Ino e coautore della ricerca, commenta: “Questi risultati stabiliscono una connessione diretta tra fluidi classici e quantistici, suggerendo un’interpretazione possibile della dinamica dei vortici quantizzati come manifestazione dell’instabilità del fluido sottostante. Allo stesso tempo, offrono una visione dell’instabilità classica come fenomeno emergente, originato dal moto collettivo dei vortici che agiscono sia come sorgenti che come rivelatori di questa dinamica”.
“Il nostro lavoro conferma le enormi potenzialità della simulazione quantistica con atomi ultrafreddi, in linea con la visione di Richard Feynman, anche per lo studio di fenomeni fluidodinamici quantistici e potrebbe portare a nuove scoperte e applicazioni in campi come la fisica dei fluidi, la meteorologia, la geofisica e la biologia”, conclude Giacomo Roati, dirigente di ricerca del Cnr-Ino e coordinatore del team sperimentale.
FONTE: Ufficio Stampa CNR.