Con Spum.e nasce un nuovo distretto spumantistico tutto da esplorare, in un territorio fino ad oggi marginale, grazie alla sinergia tra le cantine Arnaldo Caprai e Semonte, con l’ausilio di tecnologie avanzate per un’agricoltura 4.0
Con Spum.e, la Spumantistica Eugubina, l’appennino Umbro-Marchigiano diventa un nuovo distretto dello spumante di qualità in Umbria, con un progetto che mira a valutare la salvaguardia e sostenibilità sia ambientale che socio economica, attraverso la coltivazione della vite, in un’area ancora vergine, ma di storica tradizione vitivinicola. Già nel 1622, nella vicina Fabriano, Scacchi ricercava scriveva di un metodo per dare forma alle bollicine.
Questo è ciò che è emerso da Spum.e – Spumantistica Eugubina, il convegno, seguito da una tavola rotonda istituzionale, svoltisi entrambi al Park Hotel ai Cappuccini. Tutto ciò nasce grazie alla sinergia decennale tra le cantine Arnaldo Caprai, con Marco Caprai, e Cantina Semonte, con Giovanni Colaiacovo, con il contributo della Regione Umbria, attraverso il Programma di sviluppo rurale dell’Ue. Fondamentale il coinvolgimento e gli studi del dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Milano, con capofila il Prof. Leonardo Valenti, in stretta relazione con quella che è oggi la viticoltura 4.0, capace di portare un valore aggiunto alle produzioni.
Il vigneto sperimentale è stato gestito attraverso l’innovativa tecnologia Iot, che analizza il microclima del vigneto e le relative risposte fisiologiche delle viti, e permette interventi e decisioni tempestive per salvaguardare l’assoluta qualità dell’uva.
Nasce il distretto delle bollicine dell’Appennino con la vigna di San Marco, nel comune di Gubbio: 6 ettari situati a circa 800 metri slm, con una bellissima esposizione a sud, che ha messo in evidenza come il cambiamento climatico possa diventare una risorsa e opportunità per nuove prospettive economiche e sociali veicolate da una viticoltura di qualità e di eccellenza, nel comparto spumantistico, permeato da un alto valore aggiunto.
Sono state messe in evidenza le nuove prospettive che valorizzano le zone diventate marginali dopo la fine della tradizionale mezzadria, attraverso una viticoltura che sia di qualità ma soprattutto sostenibile in tutti gli ambiti, da quello ecologico a quello sociale; un metodo capace di abbracciare territorio, storia, e tecnologia, con fondamenta ben saldate nella roccia madre dell’Appennino. Non un’utopia, ma una visione ben precisa, avvalorata dai dati tecnici e scientifici.
I risultati del progetto e della sperimentazione di Spum.e vedono l’attitudine del territorio alla spumantistica di qualità superiore, non solo per le altitudini e le quote, ma anche per le caratteristiche geografiche, pedoclimatiche, le escursioni termiche, che portano ad una prospettiva imprenditoriale ed economica crescente in tempo di Cambiamento Climatico.
I dati della sperimentazione hanno evidenziato come le nuove altitudini in un territorio storicamente di tradizione agricola, in un periodo di cambiamenti climatici, si rivelano come una frontiera non solo da esplorare ma da mettere proprio a frutto per la produzione di vini basi spumante di qualità.
Una nuova frontiera sostenibile che a Gubbio si caratterizza come una viticoltura eroica, con l’uomo al centro di scelte ben precise, capaci di mantenere l’identità di un territorio ma con una visione concreta del futuro, del lavoro e dei risultati.
Sul tavolo dati scientifici ben precisi che hanno valutato gli impatti ambientali del delicato ecosistema appenninico è una nuova prospettiva. In questo la fascia dell’Appennino e a Gubbio, in modo particolare con la vigna di San Marco, si pone come primo momento e base di un progetto che porta ad un nuovo valore imprenditoriale.
Un modo per dare valore ad un’area marginale, ma con una grande potenzialità di sviluppo che va ad integrare in sinergia le produzioni agricole in zone montane, con la riduzione dell’impatto ambientale. E lo fa attraverso tutti quei sistemi che possano tutelare la produzione in aree di nuova vocazione. Una tecnologia 4.0 che permette di intervenire in tempo reale, un sapere antico e tradizionale che permette di mantenere un territorio in salute e renderlo in bellezza grazie a tutti quegli approcci metodologici di ciglionamento o inerbimento a seconda delle necessità, che mantengono sano tutto un territorio e che solo l’uomo con il suo sapere e il suo fare può mantenere sano.
Ma il progetto a Gubbio, nell’area dell’Appennino che separa Umbria e Marche, vuole essere un punto di riferimento per una nuova prospettiva di viticoltura, dove la qualità va di pari passo con le opportunità dettate dai cambiamenti climatici, che portano le zone d’altura a diventare nuove frontiere da esplorare. Siamo di fronte ad un cambiamento di mentalità, ad una visione futuribile di prospettive economiche con basi solide e imprenditoriali che segnano la strada di aree marginali.
Quindi, un progetto del tutto replicabile, come ha evidenziato lo studio della Dr.ssa Chiara Mazzocchi, nelle aree della regione che presentano una potenzialità vitivinicola e socio economica adeguate, in cui le nuove altitudini, di cui è ricca la regione, si pongono come valide alternative alle mutazioni climatiche globali, in cui gli areali e i micro areali trovano, non tanto il loro punto di sussistenza, ma un proprio valore territoriale .
Nuove frontiere sostenibili, perché già l’approccio scientifico e progettuale ne danno una rilevanza di attualità e una visione del futuro imprenditoriale che apre la strada a queste realtà dove le nuove condizioni ambientali con temperature miti e “ridotte temperature – spiega Gabriele Cola, Dipartimento di scienze agrarie e ambientali, produzione, territorio, agroenergie, UniMilano – determinano minori consumi idrici e una maturazione con ritmi più lenti con una raccolta che vede condizioni di raccolta ottimali nel rapporto tra zucchero, acidi e aromi”.
Una vera e propria sinergia a livello accademico, dove i dati colti in campo e in vigna, regalano l’essenza dello sviluppo tecnologico e soprattutto economico.
Un Parallelo a me viene spontaneo, proprio con quello che è stato fatto circa venti anni fa in Piemonte con le bollicine d’altura che hanno dato vita a quella che oggi è l’Alta Langa.
Insomma, una grande avventura della Famiglia Colaiacovo che ha mosso i primi passi quindici anni fa, credendo nella tradizione vitivinicola storica di Gubbio, con la lungimiranza ed esperienza di Marco Caprai.