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Le Meraviglie di Cannes

Le MeraviglieCANNES – È di pochissime ore fa la piacevolissima sorpresa del “Gran Premio della Giuria” del Festival di Cannes (il secondo premio per importanza, dopo la “Palma d’Oro”) assegnato alla 33enne regista toscana Alice Rorhwacher con il suo secondo film, “Le meraviglie”.
Premiata da una Sophia Loren alla quale sono stati tributati tre minuti di calorosissima standing ovation, la Rorhwacher, emozionatissima nel ritirare il premio, ha scritto e diretto questo film interpretato da Maria Alexandra Lungu, Sam Louwyck, Alba Rohrwacher (sorella della regista; già nota al nostro pubblico), Sabine Timoteo, Agnese Graziani e con una partecipazione di Monica Bellucci (anch’ella presente tra le madrine della serata finale del festival).
Uscito nei cinema italiani giusto giovedì scorso (è facilmente immaginabile che le copie presentate nella penisola aumenteranno notevolmente sin da giovedì prossimo), il film narra la storia della famiglia di Gelsomina, che funziona grazie a regole speciali. Prima di tutto lei ha dodici anni ma è capofamiglia. Le sue tre sorelle le devono obbedire, dormire quando decide lei, e lavorare sotto il suo assiduo controllo. E il mondo, fuori, non deve sapere niente delle loro regole, deve essere mantenuto separato e bisogna imparare a mimetizzarsi. Suo padre è uno straniero, Wolfgang (c’è dell’autobiografico in questo film della regista italiana, con madre toscana e padre tedesco, e con un vissuto che vagamente – ma neanche troppo – ricorda certe geometrie familiari del film) e vede in lei la principessa ereditaria del suo strano e improbabile regno. Gelsomina è bravissima nel suo lavoro, nel rapporto con le api, nell’organizzare la smielatura e nello spostamento meticoloso degli alveari; tutto quel che necessita per la migliore attività possibile. Mentre intorno il paesaggio brucia sotto l’effetto dei diserbanti e il mondo della campagna si sfalda e si trasforma, dalla città arriva un concorso tv che promette soldi e sogni (e qui è protagonista la diva tv impersonata dalla Bellucci). Gelsomina vorrebbe partecipare, ma il padre boccia drasticamente l’idea. Ben altro lo preoccupa e lo interessa: le nuove normative europee sulla produzione del miele ed i lavori di adeguamento che saranno necessari per adeguarsi a tali norme. Wolfgang, dovendo aumentare la produzione per poter avere i soldi per i lavori necessari, prende a lavorare con sé un ragazzo difficile, Martin. Da una parte, un ragazzino silenzioso e sfuggente nel quale Wolfgang vede il figlio maschio che non ha, dall’altra la forza centrale di Gelsomina.
Il film racconta una storia complessa tra un padre ed una figlia, con tormenti e ritrosie. Racconta il legame tra una famiglia ed il suo territorio. Racconta anche un fallimento, da cui però tutti usciranno più forti.
La giuria del Festival di Cannes, presieduta dalla regista australiana Jane Campion, unica regista donna ad aver conquistato la “Palma d’Oro” (nei primi anni Novanta con “Lezioni di piano”), non poteva rimanere insensibile al film di una giovane autrice, che la Campion ha evidentemente molto apprezzato, anche per la tipologia intimista del suo cinema.
Un grande successo personale della giovanissima regista toscana, ma anche una inaspettata affermazione del cinema italiano. Soprattutto, di una nuova generazione del cinema italiano, che era veramente necessaria ed urgente.

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