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Il Cuore Nobile di Avignonesi

Dici Avignonesi, e pensi al Nobile di Montepulciano, binomio fortemente legato al rispetto della terra.

Vigna
Foto di Dan Fador da Pixabay

Fotografare l’anima attraverso un ritratto, è un processo di una complessità estrema. Dietro l’obbiettivo, il fotografo, con la sua sensibilità, passioni e punti di vista; difronte il soggetto, l’anima da cogliere.
Così è per il vino. Una bottiglia racchiude un territorio, la coscienza di chi lo fa: l’anima del mondo intero e la connessione con l’universo. La comprensione è il primo passo verso l’emozione, il multiforme modo di sentire che presuppone il necessario modo di conoscere un vino fin dalle sue radici e il nutrimento dalla terra.
Abbiamo bisogno, di sogni concreti, oggi. Abbiamo bisogno di un mondo quasi nuovo, nuove prospettive, nuovi punti di vista, nuove connessioni; un ambiente migliore, pulito di cui avere fiducia. La tenuta di Avignonesi sa raccontare la storia del suo territorio, attraverso un’avventura nata nel 2009, grazie a Virginie Saverys, che stravolge la dinamica aziendale, improntandola con la sua stessa filosofia di vita: un vino privo di chimica, dalla vigna alla vinificazione. Per lei non conta tanto fare un buon vino, quanto lavorare in sinergia con il territorio. Avignonesi è gestita come una realtà fuori da questo mondo, in un certo senso lo anticipa, anticipa i tempi. Tutto si amalgama come fosse un microcosmo in cui le radici affondano nell’ancestrale relazione terra, cielo, mani dell’uomo che lavorano con il tempo; una sinergia concreta, una terra viva. La natura è sovrana e l’uomo la ascolta, la asseconda, ne studia i venti e le stagioni, il terreno, lei risponde attraverso le viti, negli anni; il vino ne diviene espressione, come un tramonto che riverbera in cielo i colori e l’intensità del territorio, l’intimità del giorno.
Verso sud il lago di Montepulciano, al quale guardano le vigne intorno al corpo centrale dell’azienda, gli edifici dell’acetaia, della barricaia, dove sonnecchia l’Occhio di Pernice, dove appassiscono le uve stese sui graticci.
Avignonesi è un microcosmo in cui l’interazione dell’uomo con la vigna, e di conseguenza, con il vino, porta ad un rispetto totale della natura. Ogni vigna ha il suo microclima perfetto che da vita a vini unici per qualità, personalità ed espressione.
Nascono così Oceano, La Banditella, Caprile, Le Grandi Annate, Desiderio, il Nobile di Montepulciano.
È sempre il Sangiovese che parla, in modo particolare nel Nobile, espressione del territorio, espressione di personalità complesse che sanno dare vita ad emozioni.
La ricerca si rivolge soprattutto alla capacità di accogliere le singole espressioni dei vigneti, ogni parcella un Sangiovese. Sembra quasi una piccola Borgogna, dove le parcelle vengono vinificate singolarmente, perché solo in quella piccola parte l’unicità sa riconoscersi.
In questa ottica La Grande Annata non è più un Nobile, ma diviene un Supertuscan, IGT Toscana, con quel legame sanguigno tra territorio e Sangiovese. Beviamo un vino mantenendo i piedi in vigna.
La Badelle è una delle vigne più belle, tra appennino e Monte Amiata, in cui le forti escursioni termiche e l’umidità del lago spesso impongono i tempi della vendemmia. Ecco racchiuso il fascino delle stagioni nelle singole annate.
Sono le vigne, in modo particolare la più vecchia ad avere insegnato all’uomo i ritmi, i tempi, le complessità e soprattutto il rispetto. Il Sangiovese di Avignonesi, diviene il sangue, l’espressione, il valore di un vigneto che invecchia, che sa riconoscere le intemperie e le avversità delle stagioni ed ha imparato a difendersene, a reagire con un’intelligenza che ormai noi uomini supertecnologici di una nuova era, non sappiamo più riconoscere. L’esperienza del vigneto diviene saggezza antica, memoria, e materia da cui attingere linfa vitale, diviene ricordo che stilla in ogni sorso.
Non più solo fattori geografici, climatici, storici, umani, ma un vino che nasce prima di tutto dalla terra più che dalla vigna.

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