Grazie all’evento “Il Potere delle Acque” è stata ancora una volta richiamata l’attenzione sul potere cosiddetto “motorio” delle acque umbro-sabine quale fattore dello sviluppo industriale del nostro territorio. L’acqua è la risorsa locale sfruttata da imponenti quanto diffusi impianti idroelettrici e mai direttamente gestiti dalle comunità locali, ma sempre da altre Proprietà e quindi da altri Poteri.
Fra Terni e Rieti ci sono oggi circa 30 centrali idroelettriche, grandi, medie e piccole, per una potenza installata di circa 1.132 MW cioè oltre un GW, metà della quale nella sola Centrale di Galleto. Il tutto assicura al Paese annualmente 3,3 TWh pari a circa l’1% dei consumi nazionali. Oggi, dopo il recente passaggio della ERG all’Enel, la proprietà degli impianti idroelettrici umbro-sabini vede Enel controllare ben 1.059 MW di potenza installata, la ACEA 25 e la e-ON 48.
Insomma, i piccoli territori di Terni e Rieti con le loro acque ospitano un ventesimo dell’intera potenza installata idroelettrica nazionale che utilizza una delle fonti rinnovabili da cui ci attendiamo l’indipendenza e la sostenibilità ambientale dell’intero Paese.
Secondo Terna, in Italia, nel 2024, tutti gli impianti che utilizzano fonti rinnovabili di energia hanno raggiunto una potenza installata di circa 77 GW (10 in più del 2023 e metà dell’intera capacità produttiva attuale del Paese). Il solare con l’eolico contribuiscono con 50 GW e l’idroelettrico per circa 20 GW. L’idroelettrico, però, ha assicurato una produzione di ben 42 TWh superiore ai 31 TWh del solare e ai 24 dell’eolico.
Richiamo qui, perché funzionale alla proposta finale, l’attenzione sulle più recenti esperienze della costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili che in questi mesi presenta uno sviluppo esponenziale in tutto il Paese. Sono oggi circa 200 quelle attive presso il GSE, almeno 4 in Umbria (ma siamo lontani dalle circa 5mila in Germania, pari a circa la metà dell’intera UE).
Molti gli annunci, elevatissima l’attesa di un loro sviluppo, forse eccessiva e a rischio di delusioni l’aspettativa di rilevanti benefici economici. La parcellizzazione delle iniziative ed il tendenziale prevalere degli interessi dei producer e degli installatori si accompagna all’interesse manifestato dalle piccole comunità locali dei consumer e degli Enti Locali. E peccato che tale processo non sia parte integrante delle realtà altrettanto in sviluppo delle Cooperative di Comunità che puntano a rendere protagonisti gli utenti su un più ampio spettro di attività di servizi integrati.
Complessivamente, comunque, tra incentivi ed efficienza gestionale generata dallo scambio fra consumatori e produttori, il processo della diffusione delle CER è comunque avviato e a mio avviso già tende a superare la dimensione del “piccolo è bello”.
Il Politecnico di Milano stima che circa l’88% delle CER punta al fotovoltaico ed il 6% all’idroelettrico. Fra queste ultime c’è la CER di Tarvisio costituita in forma cooperativa per iniziativa della Part-Energy, una cooperativa benefit friulana che gestisce impianti idroelettrici e che a sua volta supporta l’avvio e la gestione di altre CER.
Le CER basate sulla energia idroelettrica offrono vantaggi ben superiori a quelle basate sul sole od il vento. L’acqua, infatti, offre una produzione di energia stabile e prevedibile e gli impianti idroelettrici hanno una molto più lunga vita operativa garantendo benefici energetici per decenni.
Va anche detto che l’utilizzo di centrali idroelettriche da parte delle CER trova i propri limiti nell’unico MW massimo di potenza installata imposto dalla normativa e nella partecipazione di Grandi Imprese che però possono concorrere come produttori esterni.
Quanto premesso mi porta a suggerire la costituzione di una CER dell’Area Vasta Umbro-Sabina cui contribuiscano le aziende proprietarie delle 30 centrali idroelettriche che ora utilizzano la risorsa locale per rivenderne la trasformazione sul mercato nazionale, ristornando al territorio i miseri “canoni” con fatica negoziati da tempo; risorse peraltro mai destinate a ridurre direttamente la crescente povertà energetica.
Insomma, la questione non è un maggior ristoro economico per lo sfruttamento di una risorsa ambientale locale ma un vero e proprio coinvolgimento delle comunità locali in forme di co-gestione che appunto le CER hanno istituito fra produttori e consumatori.
Un’operazione come questa consentirebbe notevoli benefici economici per tutti e soprattutto un reale e diretto coinvolgimento di chi vive nel territorio cui appartiene l’uso (non la proprietà) della risorsa Acqua.
FONTE: AD Aris Formazione e Ricerca soc coop (Sergio Filippi).