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‘L’Intrigo’ di Ensor: il verde smeraldo sotto indagine

Uno studio internazionale svela i meccanismi di degrado del celebre pigmento e nuove strategie di conservazione.

copertinaROMA – Sul celebre dipinto ‘L’Intrigo’ (1890) di James Ensor, conservato al Museo Reale di Belle Arti di Anversa, il verde brillante che domina la scena mostra segni di fragilità. Un team internazionale di ricercatori ha svelato i meccanismi chimici che causano il degrado del pigmento verde smeraldo, uno dei colori più diffusi nell’arte tra XIX e XX secolo, utilizzato da maestri come Van Gogh, Monet e Cézanne. I risultati sono stati ottenuti grazie all’impiego di strumentazioni portatili e tecniche ai raggi X che consentono di identificare precocemente i processi di degrado e di seguirne l’evoluzione nel tempo. Lo studio, pubblicato sulla rivista ‘Science Advances’, apre la strada a nuove strategie di conservazione preventiva di numerosi capolavori.
Il verde smeraldo, a base di arsenito di rame, fu introdotto nel XIX secolo e divenne subito celebre per la sua brillantezza e intensità cromatica. Tuttavia, la sua instabilità era nota agli artisti dell’epoca: già Van Gogh osservò che il colore tendeva a perdere lucentezza nel tempo.
Il team di ricerca coordinato dall’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” (Cnr-Scitec) e dal Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con l’ESRF (Sincrotrone Europeo di Grenoble), DESY (Sincrotrone di Amburgo) e l’Università di Anversa, ha condotto analisi non invasive sul dipinto di James Ensor, pittore e incisore, nato ad Ostenda, in Belgio, nel 1860, tra gli esponenti della rivoluzione artistica a cavallo tra Ottocento e Novecento. L’opera ‘L’Intrigo’ (olio su tela) del 1890, è tra i quadri più enigmatici della sua produzione. Sullo sfondo realizzato con tonalità chiare si stagliano personaggi con abiti e maschere dai colori accesi, tra cui il verde.
L’analisi sul capolavoro è stata realizzata integrando metodologie non-invasive portatili ed esami ai raggi X generati dalla radiazione di sincrotrone. “Era già noto che il verde smeraldo si degrada con il tempo, ma il nostro obiettivo era comprendere esattamente il ruolo della luce e dell’umidità in questo processo”, spiega Letizia Monico, ricercatrice del Cnr-Scitec.
“Le indagini hanno permesso di identificare due meccanismi distinti: l’umidità favorisce la formazione di arsenolite, un composto cristallino che rende la pittura fragile e soggetta a sfaldamento, mentre la luce provoca l’ossidazione dell’arsenico in superficie, creando un sottile strato biancastro che opacizza il colore originale”, aggiunge Aldo Romani, docente dell’Università degli Studi di Perugia.
La ricerca dimostra come le tecnologie e la scienza siano alleate della protezione del patrimonio culturale. Inizialmente sulla tela sono state eseguite analisi non invasive in situ, su macroscala, per valutare la composizione e lo stato di conservazione delle aree verdi, identificando i punti più idonei per il micro-campionamento. Le indagini diagnostiche sono state eseguite impiegando la strumentazione portatile dei gruppi di ricerca dell’Università di Anversa, con il supporto del MOLAB (MObile LABoratory), laboratorio mobile coordinato dall’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr e appartenente all’Infrastruttura di Ricerca Europea per la Scienza del Patrimonio, E-RIHS. “Le tecniche non invasive molecolari sono strumenti essenziali: permettono di ottenere informazioni approfondite sui materiali senza prelievi, orientano in modo mirato il micro-campionamento e consentono di intercettare precocemente eventuali fenomeni di degrado”, commenta Costanza Miliani, coordinatrice di MOLAB e direttrice ad interim del Cnr – Ispc.
Il passo successivo è stato quello di sottoporre dei microcampioni prelevati in maniera mirata, ai raggi X prodotti da radiazione di sincrotrone su scala sub-micrometrica presso i laboratori d’avanguardia dell’ESRF e DESY combinando diverse tecniche. “Le analisi effettuate sono essenziali per questo tipo di studio, poiché sono le uniche in grado di fornire informazioni stratigrafiche specifiche sulla natura dei diversi composti di arsenico su scala micrometrica”, spiega Marine Cotte, scienziata dell’ESRF. Comparando tali risultati con quelli ottenuti su provini preparati artificialmente con pittura ad olio verde smeraldo e poi invecchiati, il team è giunto alla conclusione che è la luce a costituire la minaccia principale per “L’Intrigo” di James Ensor e, verosimilmente, per altri capolavori realizzati con il pigmento verde smeraldo.  Nuove strumentazioni avanzate possono però contribuire a identificare precocemente e a monitorare nel tempo gli effetti sulle pitture.
Tali informazioni sono cruciali per mettere a punto strategie di conservazione mirate. La ricerca, sviluppata nell’ambito della Cultural Heritage Innovation for Next-Gen Sustainable Society (CHANGES, Spoke 5), finanziato dall’ Unione Europea – Next Generation EU, PNRR mira a ottimizzare le metodologie di monitoraggio e prevenzione del degrado, garantendo la tutela di opere realizzate con pigmenti di sintesi, frutto della seconda Rivoluzione industriale.

FONTE: Ufficio Stampa CNR.

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