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Bernardo Bertolucci, prima e dopo la rivoluzione

“Bernardo Bertolucci, prima e dopo la rivoluzione” è il titolo della completa retrospettiva dedicata dal Centro Sperimentale di Cinematografia a Bernardo Bertolucci, ospitata dal 7 al 15 gennaio 2012 presso il Cinema Trevi, che riapre dopo un anno di forzato stop.

Cinema del passato che si intreccia con il cinema del presente e del futuro, nello spirito della Cineteca Nazionale, chiamata ad accendere riflessioni retroattive con lo sguardo ben piantato sul futuro del cinema. Per riannodare i fili che ci legano allo spettatore ideale, che Bertolucci così prefigurò: «Uno spettatore che riesca a trovare nell’ora e quarantacinque minuti di una proiezione lo spazio per dormire almeno dieci minuti e durante questi dieci minuti sognare». A questo spettatore, capace di alternare visioni e sogni, ed a molti esponenti della critica cinematografica è stato dedicato il lungo evento che ha presentato non soltanto tutti i film, ma anche un cortometraggio giovanile ed i documentari realizzati da Bertolucci.

Il fantasma del passato aleggia su tutto il cinema di Bertolucci, risuonando, imponente, il battito della Storia: come per magia il privato diventa pubblico, il microcosmo, spesso provinciale, ricostruito fedelmente dal regista, assurge a centro dell’universo. Uno spettatore, sicuramente ideale, Martin Scorsese, ha ricordato così la presentazione di Prima della rivoluzione al New York Film Festival nel 1964: «Sono lì seduto al buio e guardo. Che cosa vedo? Vedo una composizione in bianco e nero che non avevo mai visto prima, mi sento preso da un senso di entusiasmo. Succede qualcosa tra me e le immagini che non ha niente a che fare con la mia possibilità, a quel tempo, di capire il film. […] Forse capisco poco, ma anche se non capisco non importa, perché misteriosamente il senso si ricompone in modo poetico». Quelle immagini superavano le barriere geografiche unendo, idealmente, due giovani (Bertolucci classe 1941, a 23 anni aveva già diretto due film!, Scorsese classe 1942), uniti dalla medesima cinefilia, di cui offriamo un’ulteriore testimonianza prolungando l’omaggio a Bertolucci con un ricordo di un suo caro amico, cinefilo alle estreme conseguenze, Enzo Ungari. E con Ungari ricordiamo Gianni Amico, Kim Arcalli, Pierre Clementi, Maria Schneider (alla quale è dedicato un ulteriore omaggio, a fine mese), le presenze-assenze di un cinema orfano di padre, fino alla riconciliazione finale de La luna, ma sempre alla ricerca di fratelli, anch’essi ideali. Tutti sognatori: the dreamers.

Quanti di noi hanno mai visto il primo lungometraggio di Bernardo Bertolucci? Penso veramente pochissimi, se non nessuno. Ebbene, grazie a Mediaset che ha fornito una copia in dvd è stato possibile vedere in questa retrospettiva “La commare secca” (1962), da un’idea di Pier Paolo Pasolini, sceneggiata dagli stessi Pasolini e Bertolucci insieme con  Sergio Citti. Sul greto del Tevere viene ritrovato il cadavere di una prostituta. Il sottobosco della microcriminalità romana viene passato al vaglio degli inquirenti in un susseguirsi di bugie e piste false. «La Commare secca, lo sapevo già prima di iniziare a girarlo, sarebbe stato giudicato un film pasoliniano: eppure io credo, anche a distanza di tanti anni, che la tensione che tiene unito il film è uno sforzo stilistico di differenziazione da Pasolini. In questo è pasoliniano: in quanto proprio il suo contrario. In fondo io avevo fatto Accattone, avevo visto Pasolini lavorare […] e volevo mettermi davanti a quello stesso mondo sottoproletario per verificare se era possibile guardarlo con un’ottica diversa» (Bertolucci). «Io credo che mentre la mia idea estetica è un’idea di un mondo frontale, massiccio, romanico, chiaroscurale, a tutto tondo, statuario, invece l’idea di Bertolucci è un’idea più elegante, moderna, cioè un’idea impressionistica, poiché i pittori che sono alla radice sono gli impressionisti francesi, e il cinema francese anche» (Pasolini).

Uno dei tanti meriti del C.S.C. è quello di aver mostrato veramente tutto della produzione di Bertolucci. Abbiamo potuto assistere, tra gli altri, a: “Il canale” (1966), cortometraggio sulla vita nel canale di Suez; “La via del petrolio” (1967), documentario industriale commissionato dall’ENI e dalla RAI nel 1967, quando è andato anche in onda sull’unico canale televisivo di allora. Si tratta del viaggio, attraverso l’Europa, del petrolio dall’estrazione in Persia al porto di Genova e da lì alle raffinerie in Baviera; “La salute è malata” (1971), documentario di inchiesta sulla situazione ospedaliera a Roma.

“Prima della rivoluzione” (1964) è il film che in parte ispira il titolo della retrospettiva. Scritto e diretto da Bertolucci (alla sceneggiatura ha solamente collaborato Gianni Amico), il film narra del giovane Fabrizio, rampollo di un’agiata famiglia parmigiana, che rinuncia a sposare la fidanzata per seguire le sue convinzioni politiche e dopo la morte del suo amico Agostino si lega sentimentalmente a una giovane zia. La sua spinta rivoluzionaria a poco a poco si spegne. «È importante guardare in faccia la propria ambiguità e cercare di superarla. Sono ambiguo perché sono un borghese, come Fabrizio nel film, e io faccio dei film per allontanare dei pericoli, delle paure che ho, paura della debolezza, della viltà. Perché io esco da una borghesia terribile perché è astutissima, perché ha previsto tutto e perché accoglie a braccia aperte il realismo e il comunismo. E questo liberalismo è evidentemente la maschera della sua essenziale ipocrisia» (Bertolucci).

Poi, gli spettatori della lunga e completa retrospettiva, hanno potuto assistere alle proiezioni di “Partner” (1968), ispirato a Il sosia di Fëdor Dostoevskij, interpretato da Pierre Clementi, Tina Aumont, Stefania Sandrelli e Sergio Tofano; “Il conformista” (1970), tratto dallo splendido romanzo omonimo di Alberto Moravia, interpretato sul grande schermo dall’intenso Jean-Louis Trintignant, insieme con Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Pierre Clémenti e Gastone Moschin; “Ultimo tango a Parigi” (1972), scandaloso film nato da un soggetto originale dello stesso Bertolucci, cui ho fatto cenno nel mio recentissimo articolo dedicato agli aspetti giuridici e sociali della censura in Italia. Questa notissima e contrastatissima pellicola è interpretata da Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud e Massimo Girotti; “La strategia del ragno” (1970), dal racconto Tema del traditore e dell’eroe di Jorge Luis Borges, vede per protagonisti Giulio Brogi e Alida Valli.

Il secondo enorme successivo internazionale, ovviamente dopo Ultimo tango, è quello legato a “Novecento” (1976), kolossal popolare, della durata – nella versione originale – di poco più di cinque ore. Ben noto alla maggior parte dei lettori, passiamo avanti, arrivando a “La luna (1979), scritto da Bernardo Bertolucci, Franco Arcalli, Giuseppe Bertolucci e Claire People. Eccellente, poi, il troppo spesso dimenticato “La tragedia di un uomo ridicolo” (1981), scritto e diretto dal solo Bernardo Bertolucci, e che vede una superba prova di Ugo Tognazzi, che si aggiudica la Palma d’Oro per il miglior attore a Cannes.
Dopo alcuni anni di silenzio, inizia la fase delle grandi produzioni internazionali per Bertolucci. “Il tè nel deserto” (1990), tratto dal romanzo di Paul Bowles, con John Malkovich, Debra Winger, Campbell Scott, Jill Bennett e Timothy Spall; “L’ultimo imperatore” (1987), liberamente tratto dall’autobiografia di Aisin Gioro Pu Yi, Da imperatore a cittadino, e sceneggiato dallo stesso Bertolucci insieme con Mark Peploe, con la collaborazione iniziale di Enzo Ungari. Il film, interpretato da John Lone, Joan Chen, Peter O’Toole, Wu Jun Mei, Ying Ruocheng e Victor Wong, ha conquistato ben otto statuette degli Oscar! Inutile aggiungere altro. Fa seguito “Piccolo Buddha” (1993), da un’idea originale di Bertolucci, sceneggiata insieme con Rudy Wurlitzer e Mark Peploe. Protagonisti di quest’ultimo film della fase più internazionale del regista italiano sono Ying Ruocheng, Bridget Fonda, Chris Isaak, Alex Wiesendanger, Sogyal Rinpoche e Jigme Kunzang.

Venerdì 13 la retrospettiva ha avuto un giorno di riposo, lasciando lo spazio ad una giornata dedicata al regista brasiliano Julio Bressane, come abbiamo visto nel precedente articolo per Press Italia News.

Le ultime due giornate della retrospettiva sono state dedicate agli ultimi lavori di Bertolucci, a partire dal suo ritorno a girare in Italia, con “Io ballo da sola” (1996), con una sceneggiatura originale scritta da Bertolucci con Susan Minot. Efficace la giovanissima protagonista, Liv Tyler. Dopo il suicidio della madre, la diciannovenne Lucy (Liv Tyler) arriva da New York per trascorrere l’estate in Toscana, presso i Grayson, una coppia di vecchi amici dei suoi: lo scultore Ian Grayson (Donald McCann) e la moglie Diana (Sinead Cusak). Durante la permanenza Lucy scoprirà chi è il suo vero padre e perderà la verginità con un ragazzo (Ignazio Olivia) che la ama. «Credo che sia la saggezza del personaggio di Lucy, sia la leggerezza del tocco arrivino dal mio ultimo film. Sono stati i buddhisti a farmi capire i mali dell’ego ipertrofico che affligge la nostra società. […] In “Io ballo da sola” mi sembra di esserci senza mai esibire il mio io attraverso acrobazie arbitrarie della mdp. […] Ma c’è dell’altro: c’è un mio viaggiare all’indietro, per dimenticare quel che ho fatto e identificarmi in un personaggio giovanissimo; c’è un mio ritorno alle radici, […] persino a “Ultimo tango a Parigi”, dove Marlon Brando era una figura paterna […]. C’è un’armonia ritrovata, che credevo dispersa» (Bertolucci). «È ammirevole l’uso eloquente degli spazi nella villa, con la presenza incombente, invadente delle grandi sculture rosse di Matthew Spender che oppongono la loro mole e il loro stile di arte primitiva d’Africa o d’Oceania alla sofisticazione estenuata dei personaggi. È molto interessante l’uso del colore nella fotografia di Darius Khondji: toni dolci per il meraviglioso paesaggio toscano, e per i personaggi colori puri, di violenza espressiva antinaturalistica. Soprattutto colpisce l’assenza di dramma, anche negli episodi e gli scontri più aspri, tutto avviene con grande serenità, senza cinismi e senza gravi conseguenze, nel fluire pacato d’una naturalezza esistenziale» (Tornabuoni).

Cala il consenso di pubblico e critica verso Bertolucci con le sue ultime due opere, che ovviamente corrispondono anche alle due proiezioni che hanno concluso la lunga retrospettiva dedicata a Bertolucci dal Centro Sperimentale di Cinematografia. A completezza di informazione, questi ultimi film sono: “L’assedio” (1998), molto liberamente tratto dal racconto The Siege di James Lasdun, interpretato da David Thewlis, Thandie Newton, Claudio Santamaria e Massimo De Rossi; “The Dreamers – I sognatori” (2003), dal romanzo The Holy Innocents di Gilbert Adair, con Louis Garrel, Eva Green, Michael Pitt, Robin Renucci e Jean-Pierre Léaud.

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