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Sacro GRA

Sacro_GRA_posterLo scorso 26 luglio, nell’articolo di presentazione di “Venezia 70” (vale a dire, della 70ma edizione della Mostra Internazionale di Cinematografia di Venezia), noi di Press Italia abbiamo accompagnato quell’articolo con una sola foto; si trattava di un fotogramma di “Sacro GRA”, il primo documentario in concorso nella storia di Venezia, che si è aggiudicato anche un altro – e ben più prestigioso – primato: la vittoria del Leone d’Oro! Siamo stati buoni profeti, o almeno abbiamo portato fortuna al film italiano.

L’uscita nei cinema italiani era prevista per il 26 settembre, in un numero di copie non elevato. Dopo l’inatteso trionfo veneziano, l’uscita è stata anticipata al 19 settembre, in un numero ben più elevato di copie, preparate a tempo di record.

A dir poco inusuale, tanto quanto divertente, la presentazione del film alla stampa, organizzata di gran fretta e tenutasi a sole 24 ore dall’uscita anticipata del documentario nelle sale nazionali. Difatti, “Sacro GRA”, del 49enne documentarista Gianfranco Rosi, è stato presentato a noi della stampa presso il Cinema Greenwich, nel caratteristico quartiere Testaccio di Roma; ma, al termine della proiezione, la conferenza non si è tenuta nello stesso luogo della proiezione, come sempre avviene, bensì si è saliti su di un pullman, organizzato dalla società distributrice del film, per una estremamente innovativa conferenza stampa on the road, che si è spostata proprio sul Grande Raccordo Anulare, la grande tangenziale che circonda la capitale, lunga poco più di 68 chilometri. Approdati al barcone sul fiume Tevere di “Cesare l’anguillaro”, uno dei protagonisti della pellicola, si è tenuta la conferenza con annesso picnic rustico!

Come dicevamo, per la prima volta un documentario è stato in concorso alla rassegna festivaliera di Venezia, la più antica del mondo e la più prestigiosa dopo Cannes, riportando perfino il premio più ambito in Italia a distanza da 15 anni dall’ultima volta, quando fu Gianni Amelio (anche quest’anno in concorso, ma molto deludente con un film costruito su misura per un sopravvalutato Antonio Albanese) a conquistare il Leone d’Oro. Bernardo Bertolucci, presidente della giuria che lo ha votato quasi all’unanimità, ha spiegato la motivazione: «Quello che cercavo era essere sorpreso, e “Sacro GRA” è sorprendente, è come un anello di Saturno attorno alla capitale. Rosi ha fatto tutto da solo, con il suo stile che affina in ogni documentario. Il suo modo di avvicinare gli spazi ha qualcosa di puro e di francescano. Che abbia vinto un film documentario vuol dire ridare forza a questo genere, che sia fiction o documentario è sempre cinema!».

ITALY-CINEMA-VENICE-FILM-FESTIVALSacro GRA è stato molto apprezzato anche dalla stampa internazionale: da “Le Monde” (è vero cinema, dalla realizzazione molto sofisticata e la fotografia superba. Prova che la qualità paga) a “Screen International” (Rosi con questo film si colloca senza dubbi tra i documentaristi più interessanti della scena contemporanea), fino ad “Hollywood Reporter” (film intelligente, curioso outsider del panorama cinematografico italiano).

Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei drop out, il Messico dei killer del narcotraffico, con “Sacro GRA” Gianfranco Rosi racconta un angolo italiano, girando e perdendosi per più di due anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma per scoprire i mondi invisibili ed i futuri possibili che questo luogo magico cela oltre il muro del suo frastuono continuo. Dallo sfondo emergono personaggi altrimenti invisibili ed apparizioni fugaci: un nobile piemontese e sua figlia laureanda; un principe e la sua consorte; un barelliere in servizio sull’autoambulanza del 118; un pescatore d’anguille che vive su di una zattera all’ombra di un cavalcavia sul fiume Tevere; poi, ci sono alcune prostitute lungo strade collaterali ed un gruppo di ragazze che si preparano alle notti di lavoro come cubiste, ed altro ancora. Lontano dai luoghi canonici di Roma, il Grande Raccordo Anulare si trasforma un collettore di storie a margine di un universo in espansione.

Scritto, diretto e fotografato da Gianfranco Rosi, il film è nato da un’idea dell’urbanista Nicolò Bassetti ed è prodotto da Marco Visalberghi per Doclab, coprodotto da Carol Solive per La Femme Endormie con Rai Cinema. Da un’idea molto simile a quella di Bassetti realizzata da Rosi, che va riconosciuta come assolutamente originale e ben più compiuta e corposa, nacque il fortunato cortometraggio documentaristico “Anatomia dell’altro volto di una metropoli” realizzato da chi vi sta scrivendo, e presentato con soddisfazioni a Villeneuve d’Ascq (in Francia), ad Amburgo (ovviamente, in Germania) ed a Linz (in Austria) tra il 1995 ed il 1996. Un motivo in più per comprendere ed amare questo Leone d’Oro 2013.

Molte inquadrature, soprattutto notturne, del GRA e delle strade limitrofe, dell’estrema periferia della capitale. Molti cartelli che indicano le oltre trenta uscite del GRA che conducono verso le varie zone di Roma. Poi, arrivano le prime storie raccontate; qualcuna estremamente avvincente, altre inevitabilmente meno. Più d’uno, già alla proiezione veneziana, ha parlato di tentativo di “nuovo neo-realismo”. Siamo d’accordo per certi versi (inevitabili alcuni accostamenti all’epoca d’oro del cinema italiano del “neo-realismo”), e in disaccordo per altri versi (ad esempio, il “neo-realismo” pur raccontando storie realizzava prodotti di fiction e non documentari; inoltre, “Sacro GRA” si imbatte nell’impossibilità di ricostruire una sorta di “neo-realismo” in un’epoca nella quale la televisione ed internet, pur regalandoci tanto, non consentono di ricreare quell’epoca, lontana non solo nel tempo). Il docu-film di Rosi osserva e filma la realtà in modo neutro, non entrando nelle tante nevrosi metropolitane ed in tante altre cose ancora. Ma ci appare decisamente una precisa scelta e non un errore. In ogni caso, non sembra proprio rappresentare un difetto, né tanto meno un limite per un prodotto di evidente qualità ed originalità. In conclusione, si tratta di un docu-film consigliabile, assolutamente realistico, che si presta anche a visioni (e relativi dibattiti) in contesti scolastici, che ci appaiono auspicabili.

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