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Chiusura del Festival Internazionale del Film di Roma

TrashSi è chiusa, con la cerimonia di premiazione, la nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, che ha presentato film provenienti da 78 Paesi, all’interno di molteplici sezioni. Ospite d’onore, nei primi giorni della rassegna, e premiato alla carriera, quel Tomas Milian ormai romano di adozione, popolarissimo per i successi commerciali interpretando Er Monnezza, ma in realtà anche – e soprattutto – straordinario protagonista della stagione dello spaghetti western e del poliziesco all’italiana, amato da grandissimi registi come Antonioni, Visconti e Pasolini, nonché apprezzato attore di Hollywood (Steven Spielberg, Robert Redford, Abel Ferrara). Una nona edizione del festival in linea qualitativamente con quella dello scorso anno (quindi, un’ideale media al di sotto della sufficienza; sicuramente inferiore a quanto visto nelle prime sette edizioni), fortunatamente con un palmarès finale un po’ meno discutibile di quello del 2013, quando il primo premio, il Marc’Aurelio d’oro, fu assegnato ad un documentario (“TIR” di Alberto Fasulo) che non ha raccolto quasi nulla nelle sale, passando pressoché inosservato dal pubblico e dalla critica. Un premio italiano in un festival italiano, assegnato ad un documentario, peraltro non di straordinario valore; per di più, ciò avvenne solo un mese dopo la vittoria del Leone d’Oro di Venezia da parte di un altro film italiano, per di più un altro documentario, quel “GRA” di Gianfranco Rosi che sicuramente meritava più del docu-film di Fasulo; ma è risultata veramente una scelta abbastanza sconcertante e piuttosto provinciale: due festival italiani (a distanza di un solo mese l’uno dall’altro) che premiano due film italiani, entrambi documentari! Senza dimenticare che a completare lo sconcerto sul palmarès dello scorso anno a Roma ci fu il clamoroso e totalmente incomprensibile premio alla migliore attrice alla bellissima e talentuosa Scarlett Johansson, che non recitava in nessun film in concorso, ma semplicemente prestava soltanto la voce in un film in concorso, con in più il fatto che al festival era stata ovviamente presentata l’edizione italiana di quel film, con una doppiatrice italiana. Insomma, della Johansson non c’era nulla al festival! Un premio senza precedenti in nessun festival cinematografico mondiale, che ha dato un senso di grande provincialismo al festival romano (è risultato piuttosto penoso il palese intento di poter inserire nell’Albo d’Oro un grande nome ad ogni costo, nonostante non c’entrasse nulla o quasi con i film in concorso, insultando  implicitamente tutte le protagoniste “vere” dei film presentati in concorso). Almeno stavolta il palmarès, pur opinabile, non ha reso ridicola l’edizione di un festival che, in ogni caso, deve assolutamente crescere. Ecco i principali premi (menzionarli tutti sarebbe quasi impossibile, considerato l’altissimo numero di premi; i grandi festival, invece, hanno pochi premi che contano) assegnati al termine di questa edizione 2014 del Festival, durante la cerimonia di premiazione che, come quella di apertura, è stata condotta dall’attrice romana Nicoletta Romanoff:

premio del pubblico per la sezione in concorso Gala: “Trash”, di Stephen Daldry;

premio del pubblico per la sezione Cinema d’Oggi: “Shier gongmin / 12 Citizens”, di Xu Ang;

premio del pubblico per la sezione Mondo Genere: “Haider”, di Vishal Bhardwaj;

premio del pubblico per la sezione Cinema Italia (Fiction): “Fino a qui tutto bene”, di Roan Johnson;

premio del pubblico per la sezione Cinema Italia (Documentario): “Looking for Kadija”, di Francesco G. Raganato.

Se l’anno scorso il Marc’Aurelio d’Oro (il principale premio assegnato nelle prime otto edizioni della rassegna festivaliera romana, inconcepibilmente eliminato quest’anno per assegnare premi del pubblico con il nome dell’istituto di credito sponsor principale della manifestazione, e che noi ci rifiutiamo di menzionare) se l’era aggiudicato un non certamente straordinario docu-film italiano (“TIR”, di Alberto Fasulo), quest’anno abbiamo potuto assistere ad altri documentari nazionali, ma giustamente non inseriti nel concorso principali (dopo l’esperienza molto discussa dello scorso anno), bensì in sezioni collaterali come “Prospettive Italia”. Tra i più interessanti, meritano una menzione cinque di questi lavori presentati in anteprima mondiale. Quattro di questi sono a metà strada tra il mediometraggio e il lungometraggio (quello di Raganato è un autentico mediometraggio, com’è nella norma di questa rara via di mezzo tra corti e lunghi, e che è di pertinenza quasi esclusiva del genere documentaristico); mentre il solo lavoro di Elisabetta Sgarbi è un autentico lungometraggio, anche piuttosto imponente nella sua durata di due ore e 24 minuti. Tutti interessanti e da segnalare ai lettori; ci è parso che il più convincente ed avvincente sia stato “Roma Termini” di Pampaloni. In ogni caso, come detto, meritano una menzione: “Due volte Delta”, di Elisabetta Sgarbi; “Largo Baracche”, di Gaetano Di Vaio (che si è aggiudicato il premio per il miglior documentario italiano); “Looking for Kadija”, di Francesco G. Raganato; “Meno male è lunedì”, di Filippo Vendemmiati; “Roma Termini” (in questo caso si tratta di una coproduzione italo-francese, che si è aggiudicata la Menzione Speciale nella sezione dedicata ai documentari italiani), di Bartolomeo Pampaloni. Avviandoci a concludere, tutti i film premiati nella serata di sabato, quella conclusiva del festival, vengono proiettati al pubblico nelle sale del festival (ma al di fuori dello stesso, che si è chiuso – come detto – con la giornata di sabato 25) durante l’intera giornata di domenica 26. E questa la troviamo un’iniziativa vincente. Sempre all’interno dell’appendice domenicale, viene proposta la proiezione speciale della versione restaurata de “Il Postino”, l’ultimo film interpretato da Massimo Troisi, in occasione del ventesimo anniversario della sua scomparsa. Infine, con tutta la sincera simpatia per la coppia comica siciliana Ficarra & Picone, abbiamo trovato abbastanza sconcertante, per un festival internazionale di cinema, che il film evento, la prima mondiale presentata al pubblico al termine della cerimonia di premiazione del festival, sia stato l’ultimo film (a breve nei cinema italiani) della coppia comica, dal titolo “Andiamo a quel paese”. L’importante è che a quel paese non vada questo festival romano, dichiaratamente voluto quest’anno come più festa e meno festival. Festa, forse; ma non certo del cinema con la “C” maiuscola. Che il premio principale sia andato ad un film inglese intitolato “Trash”, potrebbe non essere soltanto un caso.

 

 

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