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L'ANTIRIVA 1L’antiriva è un viaggio, una ricerca del se, del suo opposto, di quella riva sconosciuta e segreta che alberga in noi. Il libro di Poesie L’antiriva, ultimo libro dell’autrice Valeria Di Felice, è stato presentato ad Umbertide, nella biblioteca comunale, nell’ambito della nuova programmazione di appuntamenti per promuovere la lettura e i libri. L’appuntamento è stato promosso dagli Amici della Biblioteca di Umbertide, dall’Assessorato alla cultura del Comune di Umbertide e dall’associazione ANOLF – Associazione nazionale oltre le frontiere – Umbria. L’ANOLF, in modo particolare vuole creare legami tra le culture partendo proprio dalla cultura: poesie, letteratura, ricchezza letteraria, sono i punti di osmosi privilegiati per vedere nuovi orizzonti. Già leggendo il titolo del libro di poesie di Valeria Di Felice: L’antiriva da già da subito, un senso di lotta, di opposti che si attraggono ma non è detto che possano unirsi. Un dolore di ricerca, perché le cose più preziose sono sofferte. Uno slancio di passione, perché, dopo tutto, come dice la canzone, l’amore non è tutto. L’antiriva, il terzo elemento del fiume e dello scorrere del tempo. Un senso di inafferrabile e sconosciuto verso quale protendere. Un altro viaggio, come un prolungamento del viaggio stesso, un’alternativa che esplica l’amore quotidiano. L’antiriva esalta la coscienza, la conoscenza, la ricerca intima, la luce profonda verso la quale arrivare. Vuole mettere ordine al caos, rifiutarsi di accogliere tutto a braccia aperte, ma scegliere. L’attesa diventa energia vitale, l’oscuro percorso di vertigine che porta alla sapienza. Perché la vertigine non è solo la paura del vuoto, ma l’attrazione ad esso e il desiderio di liberarsi dalle proprie paure. La vertigine è solo un attimo, se la osservi bene. Diviene emozione. Il poeta riesce nell’attimo a scomporre la vertigine, a viverla e nutrirsene. Il poeta riesce con le parole a rendere all’umanità intera le sensazioni che altrimenti i più sarebbero incapaci di sentire, non perché ciechi, ma perché incapaci. Il poeta è una sorta di maga, di strega… che sembra intrecciare sortilegi, sembra maneggiare cose incomprensibile e spaventose; forse è per questo che non si pubblicano più poesie. E come afferma la Poetessa, autrice del libro, “L’antiriva, mi sembrava il concetto più idoneo per esprimere la condizione del poeta, il suo moto di resistenza, di ribellione, attraverso il quale l’Io-Poeta prende le distanze dalla riva, cioè dalla terra del senso comune per meglio osservare l’Altro e meglio comprendere se stesso. La dimensione che interessa il poeta dell’antiriva non è quella dell’esilio, dell’antisistema o dell’isolamento come forma di protesta o controtendenza; il poeta dell’antiriva è un “abitatore senza tetto”, a cielo aperto, costantemente impegnato in un percorso di ricerca in cui la volontà di superare i propri limiti e la responsabilità delle proprie scelte sono le premesse di qualsiasi forma di libertà consapevole. Se la riva è dunque il luogo di partenza e di approdo, l’antiriva è il viaggio stesso, la vita che diviene ed evolve tra i moti instabili dell’Oltre e dell’Altrove.”

 

 

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