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Allarme Legambiente

La lentezza burocratica blocca le fonti rinnovabili.

La mappa dei 20 luoghi simbolo dove la burocrazia ostacola lo sviluppo del settore energetico da fonti rinnovabili. A rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici.

Legambiente-copIl nuovo rapporto di Legambiente, “Scacco matto alle rinnovabili”, mette in luce i tanti – troppi – vincoli burocratici che rischiano di frenare lo sviluppo delle tecnologie pulite, nonostante si tratti di un settore strategico per la lotta al cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile del Paese. Normative obsolete e discrepanti da Regione a Regione, lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure di valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze e contenziosi tra le istituzioni sono alcuni degli aspetti più problematici.

Districarsi tra regole e procedure confuse e spesso contraddittorie risulta un’impresa titanica: basti pensare che i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico sono di 5 anni, contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Con questi ritardi, una volta ottenuta l’autorizzazione si rischia di ritrovarsi con progetti tecnologicamente superati, che richiedono necessariamente una modifica del progetto autorizzato: attualmente, ben il 45% dei progetti approvati si trova in attesa di una variazione o di una proroga.

I ritardi burocratici sono spesso aggravati dalla forte opposizione che può nascere nei territori interessati dai progetti, con effetti NIMBY (Not In My Back Yard, “non nel mio giardino”) e/o NIMTO (Not In My Terms of Office, “non durante il mio mandato”). Nel primo caso, ci si riferisce all’opposizione dei membri della comunità locale ad ospitare opere di interesse generale sul proprio territorio, pur riconoscendone la desiderabilità sociale. Nel secondo caso, alla tendenza dei policy maker ad evitare di prendere decisioni impopolari durante il proprio mandato elettorale, per non perdere consenso.

Tutti questi ostacoli mettono a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dall’Unione europea, che prevendono entro il 2030 una riduzione delle emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere questa soglia l’Italia dovrebbe istallare entro il 2030 almeno 70 gigawatt di potenza da fonti rinnovabili, ovvero 9 gigawatt di potenza ogni anno, mentre negli ultimi sette anni la media annua è stata di appena 0,8 gigawatt: continuando di questo passo, gli obiettivi climatici non saranno realizzati prima del 2100, decisamente troppo tardi. Al contrario, se anche solo il 50% degli impianti da fonti energetiche rinnovabili arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, l’Italia avrebbe già raggiunto questi obiettivi.

Il processo di decarbonizzazione previsto da qui al 2050 ha dunque bisogno di una riforma complessiva del quadro normativo, nell’ottica di una maggiore trasparenza e semplificazione. C’è urgente bisogno di regole chiare e soprattutto semplici da attuare, di linee guida che sappiano operare un virtuoso bilanciamento tra la tutela del paesaggio e il raggiungimento degli obiettivi climatici di medio e lungo periodo, e infine di procedure che garantiscano un maggiore coinvolgimento dei territori, favorendo corretta informazione, ascolto e dialogo.

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