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Nuovo rapporto dell’IPCC sul clima

Urge un deciso cambio di rotta.

Gli esperti mettono in guardia la comunità internazionale sulle gravi conseguenze della crisi climatica. Greenpeace avverte: «Non siamo preparati a quello che accadrà, serve una vera transizione ecologica».

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Foto di marcogrocha da Pixabay

Nei giorni scorsi gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC), organismo delle Nazioni Unite che si occupa di valutare le conseguenze dei cambiamenti climatici e di studiare le possibili strategie di mitigazione, hanno diffuso un rapporto aggiornato sugli impatti della crisi climatica in corso. Il documento illustra in maniera dettagliata gli effetti e i rischi del riscaldamento globale, con danni diffusi alle persone e agli ecosistemi di tutto il mondo, che appaiono destinati a peggiorare se la comunità internazionale non riuscirà a rallentare il costante aumento delle temperature.

Dallo scioglimento della calotta glaciale artica alla distruzione della barriera corallina, dall’innalzamento del livello del mare ai fenomeni metereologici estremi, gli impatti del cambiamento climatico si stanno verificando con una rapidità inaspettata e preoccupante. Circa il 40% della popolazione mondiale si trova già in una condizione “altamente vulnerabile” agli effetti della crisi climatica, con il continente africano costretto a pagare il prezzo più alto, soprattutto in termini di insicurezza alimentare. Secondo il rapporto, nell’ultimo decennio la mortalità per eventi climatici estremi è stata 15 volte superiore nelle regioni altamente vulnerabili rispetto al resto del pianeta. Qualora il riscaldamento globale non venisse tenuto sotto controllo, gli esperti avvertono che alcune delle aree più affollate del Pianeta diventerebbero praticamente invivibili.

La soluzione proposta è, in fondo, sempre la stessa: intervenire in maniera coesa per ridurre drasticamente le emissioni climalteranti e, allo stesso tempo, aumentare in modo significativo le risorse per finanziare azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti già in corso, soprattutto nelle regioni più fragili. L’IPCC riconosce inoltre l’importanza di affrontare insieme la crisi climatica e quella ecologica, tra loro strettamente connesse: solo proteggendo e ripristinando gli ecosistemi si può rafforzare la loro resilienza al riscaldamento globale, da cui dipende il benessere del pianeta e dell’umanità.

«Questo rapporto è un avvertimento serio che si scontra con la finzione ecologica in voga in Italia. Le rinnovabili sono bloccate e si continua a puntare sul gas fossile, che oggi è la principale fonte di emissioni, o addirittura a ipotizzare di riaccendere le centrali a carbone. Una trappola che oggi garantisce extraprofitti ai giganti energetici come ENI, e un futuro pieno di pericoli per tutti noi. Dobbiamo abbandonare subito ogni investimento nei combustibili fossili e proteggere il 30 per cento degli ecosistemi terrestri e marini entro il 2030. Agire subito è vitale perché gli eventi climatici estremi impattano già anche il nostro territorio, come mostra la terribile siccità di questi mesi, mettendo a rischio l’agricoltura italiana» commenta Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.

Lo scorso anno, in occasione della COP26 di Glasgow – il vertice delle Nazioni Unite sul clima – i leader mondiali hanno ammesso di non fare abbastanza per limitare il riscaldamento globale entro la soglia di sicurezza di 1,5°C, come indicato nell’accordo di Parigi sul clima, e hanno accettato di rivedere gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni entro la fine del 2022. Il rapporto dell’IPCC preme affinché questo impegno si concretizzi nel più breve tempo possibile, attraverso politiche nazionali ambiziose e concertate. La COP27, che si terrà al Cairo il prossimo novembre, sarà un momento cruciale per valutare l’effettiva disponibilità dei governi di tutto il mondo a rispondere in maniera adeguata alla crisi climatica.

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