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Paniccia (Asce) ‘improbabile accordo diretto tra Mosca e Kiev, rivedere no fly zone’

(Adnkronos) - "Ritengo al momento, considerata la situazione sul campo, che un accordo diretto Russia-Ucraina sia altamente improbabile. Più volte abbiamo definito il tavolo delle trattative tra i due paesi a un livello non sufficiente a dare una svolta vera e positiva ai negoziati: il tavolo che può portare a un compromesso, a una tregua e poi a una pace è di assoluto diverso rango. E non basta neppure la Turchia, che ha ottenuto in questi giorni dei passi avanti: l'accordo deve comprendere le potenze coinvolte nella guerra russo-ucraina e mediatori di altissimo livello, altrimenti questa strada rischia di non portare a risultati". E' l'analisi che Arduino Paniccia, fondatore e presidente della Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale di Venezia (Asce) fa all'Adnkronos del conflitto in atto e di un possibile accordo tra le parti.

“Ritengo al momento, considerata la situazione sul campo, che un accordo diretto Russia-Ucraina sia altamente improbabile. Più volte abbiamo definito il tavolo delle trattative tra i due paesi a un livello non sufficiente a dare una svolta vera e positiva ai negoziati: il tavolo che può portare a un compromesso, a una tregua e poi a una pace è di assoluto diverso rango. E non basta neppure la Turchia, che ha ottenuto in questi giorni dei passi avanti: l’accordo deve comprendere le potenze coinvolte nella guerra russo-ucraina e mediatori di altissimo livello, altrimenti questa strada rischia di non portare a risultati”. E’ l’analisi che Arduino Paniccia, fondatore e presidente della Scuola di Guerra Economica e Competizione Internazionale di Venezia (Asce) fa all’Adnkronos del conflitto in atto e di un possibile accordo tra le parti.

“In un negoziato di alto livello, che diventa una vera e propria conferenza internazionale, il posizionamento della Cina è uno degli snodi fondamentali. Non possiamo dimenticare che la Repubblica Popolare Cinese ha un patto di alleanza con la Federazione Russa, che è il patto di cooperazione di Shangai – continua il professore – le due potenze sono vincolate e l’atteggiamento cautissimo della Cina in questa occasione ci fa ritenere che l’accordo e il legame siano molto forti. Il che non significa che la posizione cinese non possa invece essere portata a favore di una vera trattativa perché la Repubblica Cinese vive di scambi, commerci e produzioni con tutto l’occidente, diversamente dalla posizione tendenzialmente autarchica o di vendita solo di armi e gas come quella della federazione russa. Le due posizioni, tra le sanzioni molto dure e la guerra molto lenta, possono cominciare a manifestarsi in maniera molto diversa”.

Quanto allo scenario bellico, in assenza di un accordo a breve, Paniccia osserva che “se la Russia continua verso Odessa, nella marcia per circondare e attaccare Kiev, la posizione della no fly zone va assolutamente rivista”. “Possiamo permettere a una armata come quella russa di arrivare alla frontiera polacca, con la Nato, il giorno in cui punta su Leopoli, senza una fascia di sicurezza, senza che l’occidente in qualche modo tracci una linea difensiva? Credo che una risposta più ferma vada data – auspica lo studioso – la no fly zone diventa una sicurezza, non un incitamento alla escalation della guerra”.

E ancora: “Il riposizionamento economico è uno dei punti veri del conflitto – conclude – non riesco a vedere il conflitto solo come una tradizionale occupazione territoriale, peraltro con un territorio completamente distrutto, e con l’acquisizione di popolazione oggi molto incerta nelle sue attese. La fascia che va dal Mar Baltico fino all’area del Mar Nero è da un punto di vista economico ed energetico, determinante. All’interno di questi territori c’é molta manodopera specializzata, non sono solo badanti come li abbiamo visti noi sbagliando: sono territori pregiati, nei quali poteva addirittura cadere un fenomeno come quello del riposizionamento di tutte le catene del valore aggiunto, molto difficile da fare sul tradizionale territorio europeo ma che, avendo a disposizione materie prime e manodopera qualificata, si poteva fare in Ucraina con un ragionamento economico diverso”.

(di Silvia Mancinelli)

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