Uno studio, a cui ha partecipato l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr e pubblicato su Pnas, mostra come le reazioni chimiche alla base della formazione del particolato secondario non siano generate solo dalle emissioni di traffico e agricoltura.
Secondo i dati dell’Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa) i livelli di polveri sottili pericolose per la salute (PM2.5 e PM10) in Pianura Padana restano elevati nonostante le limitazioni agli spostamenti di persone e veicoli per le norme anti-covid. Uno studio pubblicato su Pnas, che vede la partecipazione dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), coordinato dal Centro Studi per la Qualità dell’Aria e il Cambiamento Climatico della Foundation for Research and Technology Hellas (C-STACC) di Patrasso in Grecia, mostra e quantifica l’effetto delle emissioni di combustione di biomasse sulle trasformazioni chimiche responsabili della formazione di particolato secondario.
“Gran parte del PM in Pianura Padana è di origine secondaria, formato cioè a partire da precursori gassosi che reagiscono in atmosfera”, afferma Marco Paglione ricercatore del Cnr-Isac e autore dello studio. “I meccanismi con cui questi inquinanti si trasformano in particolato sono ancora oggetto di studio, anche perché nei mesi freddi la radiazione solare – che solitamente è il motore delle reazioni chimiche che regolano le concentrazioni di inquinanti secondari in atmosfera – è ridotta al minimo”.
Lo studio apre però nuove prospettive mostrando come “il particolato secondario si formi rapidamente anche attraverso trasformazioni chimiche degli inquinanti che avvengono in assenza di radiazione (dark aging) e che sono promosse dalla presenza di particelle liquide in atmosfera, come la nebbia. Finora si riusciva a stimare l’effetto di queste reazioni sulla formazione di PM secondario a partire da sorgenti da traffico e agricoltura (particolato da nitrato di ammonio). Il nostro studio evidenzia come anche le emissioni da combustione di legna per il riscaldamento domestico, come quelle di stufe a legna e pellet, subiscano la stessa sorte, contribuendo alle concentrazioni totali di PM in maniera più sostanziale di quanto supposto finora”, conclude Paglione. “Questi risultati chiariscono i contributi delle specifiche sorgenti invernali di PM in Pianura Padana così come in altre regioni del mondo, offrendo al tempo stesso opportunità di nuovi sviluppi dei modelli previsionali per la qualità dell’aria”.
FONTE: Ufficio Stampa CNR.